Gesù fa strada con i discepoli di Emmaus… e noi?

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Visto da Sud. Rubrica a cura di Francesco Cavallini

Nei giorni 29-30 settembre a Loreto si è svolto il Convegno Nazionale AE (Assistenti Ecclesiali) Scout Agesci. Il titolo è stato “Emmaus Andata e Ritorno”S Si rifaceva all’episodio raccontato nel Vangelo di Luca al capitolo 24 che narra dell’apparizione del Risorto ai discepoli in cammino verso Emmaus. Il brano ha fatto da sfondo a tutto il Convegno, proposto come una tappa  di ricerca e di riflessione per definire sempre meglio il cammino di formazione per l’Agesci a partire dal documento elaborato qualche anno fa, “Educare alla vita cristiana”.

Tra le varie attività c’è stata la lectio molto bella e stimolante su questa pagina del Vangelo da parte del Vescovo di Gubbio Mons. Luciano Paolucci con un taglio che ha tenuto conto della pedagogia scout e gli uditori.

Gesù cammina e ascolta

Uno degli spunti sui quali voglio soffermarmi è quello relativo a Gesù Risorto che “fa strada” con i due viandanti e li ascolta, li sollecita ad esternare e tematizzare quello che pensano e  quello che provano. A partire da questo ascolto prolungato il Risorto comincia una sorta di omelia/riflessione/catechesi. Mons. Luciano sottolineava l’importanza di prendersi del tempo adeguato e gratuito per poter ascoltare le domande e i nodi esistenziali dei ragazzi, le loro riflessioni e il loro sentire. E proprio a partire da questo ascolto può scaturire un dialogo (e anche le omelie, dice il Vescovo “loro stessi ti mettono in bocca le parole adeguate”) che tocchino la vita dell’uditore.

Tema a me molto caro e atteggiamento che continuamente sollecito anche io oltre a sforzarmi di viverlo. Un ascolto che è spogliazione di sé, inculturazione, riflessione a partire dalla propria vita spirituale, dalla Parola di Dio e degli studi di Teologia, il tutto ritradotto alla luce dell’ascolto delle persone e della loro vita.

Il prete insegna, comanda. E non ascolta

Nel dibattito successivo io mi sono permesso di sottolineare due problematiche le quali rendono difficile mettere in pratica questa modalità di evangelizzazione e che più volte su queste pagine ho evidenziato. E’ stata un’ulteriore occasione per ribadirle proprio alla luce degli spunti della Lectio e cioè:

  1. Una problematicità pratica: un parroco (spesso senza viceparroci) che è Assistente Ecclesiastico e che in molte diocesi italiane deve seguire due-tre o addirittura quattro Parrocchie con tutti gli annessi e connessi è praticamente impossibilitato ad ascoltare in questo modo le persone. Rendendo inefficace il proprio servizio e spesso anche le omelie e l’attività di evangelizzazione. Questo modello ecclesiale-parrocchiale clericale rende insostenibile e impraticabile questa modalità. Con le gravi conseguenze sotto gli occhi di tutti. Credo che non si possa più rinviare un cambiamento di paradigma ecclesiale.
  2. Una problematicità direi ideologica. Purtroppo, e ne sono testimone io, ci sono ancora Vescovi in Italia e formatori che formano i futuri sacerdoti con un atteggiamento di fondo più improntato ad insegnare, predicare, parlare più che ascoltare. Tu insegni e l’altro ascolta. Tu hai ragione e l’altro deve capirlo e se non lo capisce è colpa sua o della secolarizzazione.  A “indottrinare” piuttosto che a far maturare le coscienze. Più ad un atteggiamento moralistico che a veicolare la Buona Notizia ad ogni uomo. A comandare piuttosto che collaborare. 

Problemi già tematizzati ma che alla luce delle riflessioni suggerite da Mons. Paolucci e del confronto con tanti altri sacerdoti Assistenti Ecclesiali sono riemersi così come la convinzione che bisogna porre mano concretamente per poter rimuovere questi ostacoli all’opera di evangelizzazione, soprattutto verso i nostri giovani.

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