Così papa Francesco durante l’udienza al Centro Femminile Italiano.
La vera risposta non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari – ha continuato Bergoglio – ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, un modo ormai globalizzato, e di impostare le relazioni internazionali.
Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina le parole di papa Francesco risuonano forti e decise. In modo particolare contro la guerra come metodo di risoluzione delle controversie e contro la corsa agli armamenti, frutto inevitabile di questa impostazione.
In questo tempo segnato da una bulimia informativa che porta con sé anche tanta disinformazione è dunque giusto rifarsi a chi – da anni e in modo rigoroso – studia e analizza il commercio delle armi. Stiamo parlando del Sipri, l’Istituto internazionale di ricerche sulla pace che ha sede a Stoccolma e del suo recente Rapporto 2021. Che mostra dati che è bene conoscere.
Il commercio di armi su scala globale è diminuito tra il 2017 e il 2021 del 4,6% rispetto ai cinque anni precedenti. Allo stesso tempo, il Rapporto segnala una tendenza in aumento all’importazione degli armamenti in Europa già prima della guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina. Tra il 2017 e il 2021, l’incremento è stato del 19% rispetto ai cinque anni precedenti.
E’ bene sapere che oltre l’80% delle esportazioni per la difesa nel mondo degli ultimi cinque anni vengono unicamente da cinque Paesi: gli Stati Uniti (che hanno una quota di mercato del 39%), la Francia (11%), la Cina (4,6%), la Germania (4,5%) e l’Italia (3,15).
Il nostro Paese ha avuto un considerevole incremento delle esportazioni di armi rispetto ai cinque anni precedenti: +16% e un +33% rispetto al 2007-2011. Il 63% dell’export è andato in Medioriente. La consegna di due fregate all’Egitto (il Paese che ha massacrato Giulio Regeni e che non ha ancora ammesso alcuna responsabilità in proposito) nel 2020-21 ha rappresentato il 23% del totale delle esportazioni italiane di sistemi d’arma nell’ultimo quinquennio. Dato destinato a crescere ulteriormente nei prossimi anni.
Mi ha molto colpito il silenzio della stampa italiana e dei politici di casa nostra rispetto alla forte presa di posizione di papa Francesco. Un silenzio imbarazzato anche da parte della RAI e dei suoi telegiornali. Non dimentico neanche che pochi mesi fa stampa e televisioni hanno taciuto ugualmente sulla presa di posizione di 50 Nobel e scienziati di tutto il mondo – tra questi anche Carlo Rubbia e Giorgio Parisi – che chiedevano ai governi del mondo la riduzione concordata della spesa militare del 2 per cento ogni anno per cinque anni.
Sia il Papa che i Premi Nobel sono stati fatti sparire dal radar dell’informazione e della politica. Ma non spariscono dalle vite delle persone i 59 conflitti attualmente in corso nel mondo.
Forse il primo passo necessario da fare è far crescere, anche dentro le nostre comunità cristiane, pensieri e parole che sappiano essere per la pace sempre. Non bastano le (importanti) preghiere dei fedeli. Serve anche conoscere in modo approfondito quanti soldi pubblici (tanti, sempre di più) sono spesi per la difesa e quanti soldi pubblici (pochi, sempre di meno) sono spesi per autentici progetti di cooperazione e dire chiaramente da che parte vogliamo stare.