“Dunque c’è la luce”

Incendi e nubifragi. La natura scatenata e le nostre paure
Luglio 26, 2023
Bruce Springteen e la messa
Luglio 28, 2023
“Da laico nella città” – Rubrica a cura di Daniele Rocchetti

Il 4 settembre riparte l’avventura di Molte Fedi. “Dunque c’è la luce. Appassionati al presente” è il tema dell’edizione, giunta al sedicesimo anno.

Ottanta appuntamenti

Ottanta appuntamenti con ospiti internazionali (tra tutti Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura, David Grossman, Eric- Emmanuel Schmitt, Bjor Larsson) e italiani (dal vescovo del sud Sudan, Carlassare, a Michele Serra che rilegge il libro del Qoelet, da Monika Bulaj a Benedetta Tobagi).

Concerti (Inti Illimani, Angelo Branduardi, Michele Gazich), spettacoli teatrali (Ottavia Piccolo, Aldo Cazzullo e Moni Ovadia, Lella Costa e Gianluigi Trovesi), cinema, visite guidate, serate di astrofisica (con Marco Bersanelli) e dialoghi sull’Europa (con Nando Pagnoncelli e Paolo Gentiloni, Massimo Cacciari, Ezio Mauro).

Per chi fosse interessato, è possibile sottoscrivere la Card, un sostegno concreto al progetto di Molte Fedi (un unicum nel panorama italiano) e che da la possibilità di prenotare in anticipo le serate (www.moltefedi.it).

Una cosa che si conosce poco ma che da dieci anni è significativa è l’esperienza dei Circoli di R-esistenza. In pratica, in tutto il territorio bergamasco, in un centinaio di luoghi diversi (biblioteche, scuole, oratori) si radunano piccoli gruppi attorno ad un facilitatore scelto dai partecipanti e insieme per almeno quattro volte si legge e si discute un libro preparato appositamente per l’edizione di Molte Fedi. Quest’anno il testo ha a che fare con la fatica della pace. La scrittura è stata affidata a Leonardo Lenzi, prete del Patriarcato Ortodosso di Mosca, e a Lidia Maggi, pastora battista. Il testo – L’arco deposto  (I libri di Molte Fedi, 10 euro), è introdotto da questo testo.

Forzare l’aurora a nascere. Nonostante tutto 

Quest’anno ricordiamo il trentesimo anniversario della morte di don Tonino Bello, vescovo di Molfetta e figura profetica del movimento per la pace. Mi capita qualche volta di scendere ad Alessano, un paese non lontano da Santa Maria di Leuca, dove è nato e dove ora è sepolto. E ogni volta, davanti alla sua tomba, posta al centro di un piccolo anfiteatro chiuso da una quinta di cipressi e tamerici, resto colpito dal ricordo vivissimo che tanti hanno ancora di lui.

Trovo giovani che lo hanno conosciuto solo attraverso i suoi scritti, gruppi di scout e di parrocchie lontane che vengono a pregare e a deporre fiori. Accanto alla tomba è piantato un ulivo, simbolo della pace. Perché per tutti don Tonino è stato l’uomo della pace.

Don Tonino Bello e la beatitudine evangelica degli operatori di pace

Chiamato nel 1995 alla guida di Pax Christi, seppe con una delle sue originali intuizioni linguistiche tracciare le linee per una spiritualità impastata con la terra definendola “contemplattiva”. La beatitudine evangelica degli operatori di pace diventa ben presto il discrimine per valutare e promuovere azioni concrete, mai approssimate, sempre frutto di una lettura attenta della realtà: la lotta contro il trasferimento degli F16 in Puglia, la scelta dell’obiezione fiscale alle spese militari, la denuncia della militarizzazione crescente della sua regione. Ancora: la sua appassionata adesione al cartello “Contro i mercanti di morte” che portò nel 1990 all’approvazione della Legge 185 che regola in maniera restrittiva e democratica il commercio delle armi italiane.

Per arrivare alle laceranti polemiche sulla guerra del Golfo del 1991 che gli procurarono ferite e incomprensioni. L’ultimo gesto, intriso della “follia evangelica”, lo ha visto a capo dell’“Onu dei poveri”, 500 uomini e donne, entrati, due settimane prima del Natale del 1992, nella città di Sarajevo assediata dai militari e zeppa di cecchini pronti a sparare dalle finestre. Parlando in un cinema senza luce elettrica e con la voce minata dal male che poco tempo dopo l’avrebbe consumato, proprio a Sarajevo, così descriveva alcuni incontri casuali: 

Ricordo il gesto di una donna serba che offre il pranzo a dieci croati… Ricordo un signore che ci ha invitato a partecipare al banchetto per la commemorazione del padre. Ci ha detto: “Io sono serbo, mia moglie è croata, queste sono le mie cognate musulmane”. Mangiavamo insieme. Io ho pensato alla convivialità delle differenze: questa è la pace.

“Sindrome dei significati stravolti”

Proprio don Tonino amava ripetere la storia di un saggio orientale che avrebbe voluto chiedere a Dio Onnipotente un solo miracolo: ridare alle parole il senso originario. Sì, perché oggi le parole sono diventate così “multiuso” che non puoi più giurare a occhi bendati sull’idea che esse sottendono. Anzi, è tutt’altro che rara la sorpresa di vedere accomunate accezioni diametralmente opposte sotto il mantello di un medesimo vocabolo.

Guaio, del resto, che è capitato soprattutto ai termini più nobili, quelli, cioè, che esprimono i sentimenti più radicati nel cuore umano, come pace, amore e libertà. A dire il vero, terminava don Tonino

per quel che riguarda la pace, pare che questa ‘sindrome dei significati stravolti’ fosse presente anche nei tempi remoti, se è vero che perfino in un salmo della Bibbia troviamo denunce del genere: “Essi dicono pace, ma nel loro cuore tramano la guerra”.

Parlare di pace, quindi, significa fare i conti con le inevitabili ambiguità che il termine e la sua comprensione comportano. Questo è dovuto forse al fatto che veniamo da una lunga tradizione (culturale e teologica) che ha sempre favorito la parola “guerra” alla parola “pace”. La guerra appare come una parola forte, che richiama eventi storici e aspetti della cultura di appartenenza o delle culture di altri popoli. La pace, d’altro canto, risulta una parola debole, senza un adeguato quadro di riferimento antropologico, la collochiamo in una dimensione emozionale, oscillante tra lo slancio emotivo e il buonsenso. Per questo, nel corso della storia, abbiamo avuto una “teologia della guerra” (giusta, ma della guerra), una “letteratura della guerra”, una “musica della guerra” ma quasi mai una teologia, una letteratura, una musica “della pace”.

Esiste una “teologia della guerra” (giusta, ma della guerra), una “letteratura della guerra”, una “musica della guerra” ma quasi mai una teologia, una letteratura, una musica “della pace”

È una fatica che stiamo vivendo anche nel comprendere e nell’interpretare il conflitto che da troppi giorni sta insanguinando il continente europeo. Stretti tra l’indignazione iniziale e l’inerzia successiva sorge spontanea una domanda: quale postura di fronte al conflitto? Come Molte Fedi non potevamo sottrarci dal tentare di rispondere a questo interrogativo che mette in gioco la nostra qualità umana e credente.

Abbiamo dunque voluto il testo che avete tra le mani e affidarlo a una polifonia di voci, a un componimento a quattro mani. Ci sembrava onesto affrontare gli interrogativi con sguardi plurali. Quella domanda affronta sì una questione globale ma, soprattutto, un nodo esistenziale: il conflitto, infatti, intreccia le relazioni familiari, le dinamiche lavorative, i rapporti sociali.

Un prete ortodosso, una pastora battista

In questo libro Leonardo Lenzi, prete ortodosso presso una comunità russa con anche fedeli ucraini e con una decennale esperienza di mediazione, prova ad offrire vie inedite addentrandosi nelle domande, nelle grida, nelle dinamiche tra vittime e colpevoli, consapevole che ogni conflitto comporta un confronto e forse un incontro con la dimensione del male. Affacciandosi e camminando nei meandri dell’interiorità, l’autore smaschera le indignazioni e le inquietudini di ogni vittima, i desideri di vendetta, approdando a una scommessa antropologica: “quella per cui, nel livello più profondo possibile, ogni essere umano possiede una tavolozza di valori comuni, che è il luogo del vero riconoscimento riparativo”.

Un cammino fatto di lacrime, silenzi, interrogativi. Itinerario che continua incalzato dal contributo di Lidia Maggi, pastora battista, amica fedele di Molte Fedi, che sceglie di affrontare il sentiero percorrendo il labile crinale tra la Scrittura e l’esistenza. Gettandosi a capofitto nelle pagine bibliche, l’autrice interpella storie che non rimuovono il lato oscuro della vita, non censurano il male. Lo raccontano. E nel narrarlo lo discutono, lo guardano in faccia, insegnano a riconoscerlo e a dominarlo. L’incontro con l’esistenza fa emergere l’immagine di un Dio che si arrabbia, che si pente della creazione, e poi si converte.

Persone che nel realismo della vita “forzano l’aurora a nascere” (Ernesto Balducci)

Non solo. Sulla strada si intercetta quel Gesù di Nazareth, che ci consegna nei suoi gesti e nelle sue parole una sapienza preziosa per ripensare, oggi, in un’epoca di crisi dei legami, il senso delle relazioni fraterne. Ed è proprio al centro di questa storia che si dischiude la pace: una pace offerta e affidata, che non può essere tale senz’aver attraversato il conflitto ed essere passata per la giustizia. Un testo che, nell’intreccio tra verità storica e verità simbolica, apre spiragli di luce senza mai discostarsi dalle storie e dalle esperienze degli uomini e delle donne di oggi. Lo offriamo come piccolo contributo in una ricerca mai terminata per una scelta di pace che, siamo convinti, non è di utopisti sognatori ma, piuttosto, di persone che nel realismo della vita “forzano l’aurora a nascere” (Ernesto Balducci). 

Grazie a Leonardo Lenzi e a Lidia Maggi, grazie a Martino Rovetta, Mariaelena Belotti, Carlotta Testoni e Adriano Marconi, curatori sapienti del testo, a Lara Bortolai e Daniel Agnelli per il certosino lavoro editoriale. Grazie ai tantissimi, donne e uomini, giovani e anziani, che tenacemente ogni anno aspettano il libro dei Circoli di R-esistenza e intrecciano, là dove vivono e abitano, parole e speranze, fatiche e affidamenti. Magari non lo sanno, ma con fedeltà e pazienza costruiscono ogni giorno solidi sentieri di pace che danno bellezza al presente e speranza al futuro. 

Daniele Rocchetti 
Presidente ACLI Bergamo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


The reCAPTCHA verification period has expired. Please reload the page.