In un recente articolo per Settimananews Marcello Neri rileva che
il clima ecclesiale cattolico sta conoscendo ben più di uno scadimento di stile. La divergenza di opinioni e visioni, per ciò che concerne il futuro della Chiesa, ha incattivito la discussione. L’ironia da tagliente si fa spesso offensiva (e smette quindi di esser tale). Al posto di una sana dialettica argomentata è subentrata l’opinione aggressiva, che tutto vuole tranne che mettersi in ascolto delle ragioni altrui.”
Basta fare un giro sui social per rendersene conto. Ci sono siti che in modo sistematico infangano parole e posizioni altrui in modo spregiudicato. Al confronto si è sostituito l’insulto, alla discussione l’offesa. Qualcosa di inedito nella comunità cristiana se è vero il detto ripetuto più volte da un dotto e arguto teologo e pastoralista: “nella Chiesa se vuoi stare a galla, devi fare il morto”. Una fotografia della comunità cristiana di un tempo dove esporsi troppo con le proprie convinzioni generava diffidenza, sospetti, emarginazioni e, per coloro che ci tenevano (la fila è sempre stata lunga), lo stop alla carriera.
Un tempo prevaleva la strategia dei silenzi, dei mutismi, dei sorrisi conniventi, degli scaltri compromessi
Per questo la tradizione religiosa ha generato un’astuta e accorta prassi, piuttosto frequente nelle comunità cristiane: strategici silenzi, tattici mutismi, conniventi sorrisi, scaltri compromessi. Il tutto, magari, accompagnato da qualche mormorio, ma privato e circospetto e comunque sempre aperto – caso mai lo si fosse venuto a sapere – a multiformi intendimenti e interpretazioni.
Oggi la situazione è diversa. E per alcuni versi paradossale: noi cattolici siamo sempre meno eppure siamo sempre più rissosi. Si conta poco, pochissimo, nel dibattito pubblico e si sbraita, con parole spesso segno di delirio di onnipotenza, nella piccola, piccolissima bolla dei social.
Certo, bisogna riconoscere che siamo figli di una stagione ecclesiale che, almeno fino all’avvento di papa Francesco, aveva più o meno azzerato il dibattito ecclesiale. La parresia, la verità nella carità, tanto invocata era guardata con molto sospetto e fastidio. La richiesta di confronto, specie se veniva sollecitata dai laici, era sempre vista come imbarazzante e fuori luogo. L’obbedienza (confondendo quella al Signore con quella al proprio parroco) era una virtù indiscutibile e indiscussa. Un clericalismo diffuso che ha permesso, in questi anni, il germoglio di laici più clericali dei preti stessi.
Un clericalismo diffuso che ha permesso, in questi anni, il germoglio di laici più clericali dei preti stessi.
Il venir meno di luoghi aperti ad un serio confronto, capaci di elaborare, nell’ascolto delle differenze, un ethos ecclesiale condiviso, ha portato progressivamente molti cristiani al “fai da te” sia dal punto di vista morale (lo “scisma sommerso” oramai è una realtà di fatto) che del giudizio intraecclesiale. Che non salva oramai più nessuno.
Basti vedere non solo la polarizzazione estrema ma anche, e soprattutto, i giudizi trancianti (a volte grondanti di odio) sulla figura e sul pontificato di papa Francesco. Val la pena riprendere le osservazioni di Neri:
In casi come questo, vi è una completa omologazione mondana della Chiesa portata avanti in nome della sacralità di Dio. Il cattolicesimo è una macchina potente: quando si mondanizza diventa più mondano del mondo stesso. Mancando però, così facendo, ogni possibilità di instaurare nelle dinamiche del mondo la differenza critica che la fede attinge dall’Evangelo di Dio. L’irriverenza violenta con cui guardiamo alle posizioni altrui nella Chiesa dice molto sulla irreligiosità che scorre in parecchie vene del cattolicesimo contemporaneo.”
Come non essere d’accordo?