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Un amore che resta

Quarta Lettera della Speranza
Nel tempo della fedeltà e della crisi
V Domenica di Pasqua 

Cari fratelli e sorelle,

nel momento in cui Gesù sente che sta per essere strappato ai suoi, nel momento in cui l’assenza comincerà a farsi sentire, Egli consegna loro il suo amore. Non lo sigilla in un codice o in una legge, ma in un gesto e in una parola viva: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri».

Sentire la presenza anche nel tempo dell'assenza

È nuovo, questo comandamento, perché rende possibile ciò che sembra impossibile: sentire la sua presenza anche nel tempo della sua assenza. Il Maestro non ci ha chiesto di capire tutto.

L'amore è una navigazione in acque a volte burrascose

Ci ha chiesto di amarci come Lui ci ha amati: con una fede che cresce anche nel dubbio, una fedeltà che attraversa il tradimento, una cura che non si arrende alla disillusione, una misericordia che non tiene conto delle colpe.

L’amore non è un porto tranquillo. È un attraversamento. Una navigazione in acque a volte burrascose. Ma proprio lì, in quella fatica, la Parola di Gesù ci consola e ci provoca.
«Da questo vi riconosceranno: se vi amerete».

Innamorarsi anche nel tempo dell'incertezza

In questo tempo pasquale, qualcuno ancora si sposa. In alcune comunità si celebrano anniversari di matrimonio. E sì, anche oggi ci si innamora! Che meraviglia! Anche nel tempo dell’incertezza, l’amore è possibile. Non è un sogno perfetto. È un cammino reale. «Non sei sposo e sposa solo perché mangi dormi e vivi sotto lo stesso tetto. Lo si diventa se lo si vuole davvero», (S. Petrosino).  Non è un ideale da raggiungere, ma un volto da custodire. Una storia da abitare. Un’alleanza che può ancora dire Dio.

La grazia visita anche l'imperfezione

E anche quando si spezza, quando vacilla, quando fallisce, può diventare terra buona. Dove la vita può ancora germogliare. Ci sono amori feriti e ricominciati. Amori silenziosi e quotidiani. Amori non riconosciuti, ma veri. Amori custoditi nel segreto del cuore. Il Vangelo non fa selezione: accende una luce in tutti. Amare è ancora possibile.
Ogni fedeltà, anche piccola, è eterna.

Non c’è amore senza dedizione. Non c’è fedeltà senza prova. Ma anche la fragilità, nella grazia, può diventare feconda. La fede cristiana non esalta la perfezione, ma la grazia che visita l’imperfezione. L’esperienza ci insegna che non si è fecondi da soli. Essere fecondi è aprirsi alla differenza. All’altro. Non idealizziamo la famiglia: sono tante, diverse, fragili, preziose. Il Vangelo le accoglie anche quando noi facciamo fatica a farlo.

Amare è dare all'altro quello che non si ha

Prendersi cura è prendersi cura della mancanza dell’altro. Lacan ha scritto che amare è dare all’altro ciò che non si ha. È una formula che sembra paradossale, ma che dice il vero: quando diciamo “mi manchi”, stiamo dicendo che l’altro è presenza anche nella sua assenza.
Che ha scavato una mancanza viva in noi. E in quella mancanza ha lasciato amore. L’amore si spegne quando smettiamo di sentire la mancanza dell’altro. Viene a mancare il respiro dell’altro. Per questo, amare è coltivare la mancanza lungo tutto il viaggio della vita. È trasformarla in dono.

Il Dio di Gesù non evita la fatica. Abita con noi la traversata. E allora sì, abbiamo bisogno di cammini di umanizzazione nell’amore. Liberarlo dal possesso. Dalla paura. Dall’ansia del controllo, dall’istinto del dominio.

I nostri amori non sono rifugi. Sono percorsi

La prima forma di giustizia che possiamo vivere è il rispetto dell’altro. Amare è rispettare anche i suoi “no”. Amare è lasciare spazio. È lasciare libero l’altro. È guarire dalla concupiscenza. È affidarsi nella verità. La fedeltà non è una catena. L’amore libera. Non imprigiona. L’amore non distrugge e non uccide. L’amore genera e dà vita. L’Amore è la nostra forza vitale: «Le cose veramente primordiali in me sono i sentimenti umani, una sorta di amore e di compassione elementari che provo per le persone, per tutte le persone»,(Etty Hillesum).

Ben sapendo che le relazioni affettive, il matrimonio, le alleanze di vita non sono idoli. Sono segni del Regno. Non sono rifugi. Sono percorsi. Non ci salvano da soli, ma ci aprono a Qualcuno più grande. Anche il matrimonio è un segno, non un punto d’arrivo. Una strada. Non una statua. Un cammino da fare, non un trofeo da esibire.

"Amatevi come compagni di viaggio"

Come è possibile sperare? Che senso ha impegnarsi in una relazione affettiva se poi tutto finisce? L’amore è forte come la morte, perché attende che tu ci creda. E Gesù è l’uomo che ha creduto. Possiamo affidare anche le nostre fragilità alla promessa di Dio, che non si stanca di amarci. «Avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine», (Gv 13,1). 

«Amatevi come compagni di viaggio,
con questo pensiero d’avere a lasciarvi,
e con la speranza di ritrovarvi per sempre».
(Promessi Sposi, cap. XXXVI)

Questa è la nostra preghiera. Questa è la nostra speranza. Questa è la nostra benedizione:

Che ogni amore, ogni amicizia profonda, ogni fedeltà provata dal tempo e dalle tempeste, sia segno della presenza di Dio. Che ogni crisi possa diventare occasione di crescita. Che ogni storia, anche ferita, possa riaprirsi a una vita nuova. Che ogni passo fatto insieme sia passo verso il Regno. E da questa strada, con il fuoco acceso nel cuore, ti diciamo:
Amare è ancora possibile. Promettere ha ancora senso. Il Vangelo è ancora capace di accendere la speranza. La grazia continua a credere nell’umano. E a rivelarne la possibilità buona.

Con voi,
in cammino,
nella speranza
di un amore che resta.

Restare umani

quando l’amore vacilla

Quando tutto vacilla,
qualcuno resta.Non con la forza,
ma con la cura.
Non con risposte,
ma con presenza.

Amare è non fuggire
quando l’altro crolla.
È restare
dentro l’incompiuto.

È continuare
a chiamarsi per nome
anche quando
la voce trema.
E ci si trova 
con ali rotte.

Trattarci umanamente
tra noi
quando le relazioni 
si inter_rompono
è il gesto di amore
più umano che ci resta.

Non serve capire tutto.
Serve crederci ancora.
Da esseri umani.

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