SABATO SANTO: la Parola non parla più

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Sabato santo: giorno del grande silenzio.
Gesù abbandonato da tutti.
Ma Dio non si rassegna a perdere le sue creature

La  Parola non parla più, perché gli uomini l’hanno ammmutolita fino a neutralizzarla: “È un falso profeta”, “Agisce in nome del demonio”, “Va contro la Legge”, “Osa  giudicare l’autorità del Tempio”…

Gesù rimane solo

Attorno a Gesù si crea un’ideologia tendenziosa per screditare la persona e rendere inefficace il messaggio.

“Alla fine tutti lo ritennero reo di morte” (Mc 14,64)

Gesù rimane solo.

Anche i suoi discepoli, proprio quelli che, sedotti dal suo sguardo e dalla sua parola, l’avevano seguito, Andrea e Simone, Giacomo e Giovanni e tutti gli altri, ora “abbandonandolo, fuggirono” (Mc14,50).

Lui è solo nell’impotenza della morte, quando “si fece buio su tutta la terra”, è solo nel grido di supplica “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”, è solo nell’ultimo grido della morte quando “il velo del tempio si squarciò in due” (Mc 15,37)

Poi  gli viene messa sopra una lastra sepolcrale perché tacesse per sempre.

La morte di Gesù. La sconfitta di Dio nella sconfitta del Figlio. Il suo fallimento da quando “ha svuotato se stesso” (Fil2, 7) dalla sua profonda identità, dalla sua appartenenza alla vita del Padre, ma anche dall’ubbidienza alla Legge del suo popolo, divenendo in tutto simile agli uomini, nell’adesione alla storia, nella partecipazione a ogni carne di corruzione nelle tenebre infernali.

Perfino negli inferi è possibile cantare la misericordia di Dio

È il tempo del Sabato, dove la chenosi di Cristo, il suo abbassamento, fino a farsi lui stesso peccato,  non si riduce all’atto del morire, ma si prolunga verso i dispersi della morte seconda, in una radicale solidarietà con quanti vivono nella lontananza da Dio, di quanti accusano Dio stesso di non aver orecchi per ascoltare, né bocca per parlare, di quanti rifiutano un Dio  lontano e inerte, di quanti soprattutto si sono dimenticati di Dio e non sanno cosa farne. Dio non serve.

Ma dove Dio è assente, là è presente in Cristo, Colui che rivela l’amore folle del Padre per le sue creature e che non si rassegna a perderle. Quell’amore che spinge il Creatore non solo a farsi uomo, scendendo dal suo trono glorioso sulla terra, ma anche a inseguire l’uomo fino al cuore del suo male, al cuore dell’inferno, per “stanare” quel primo uomo che si era nascosto nel giardino della Genesi, con una ricerca fedele in cui non è l’uomo che va a Dio, ma è Dio che scende in quel peccato che separa l’uomo da Dio.

Così, in ogni sabato dei nostri giorni,” come dice un antico padre del deserto,“il re della croce sfonda le porte di bronzo e i cappi di forza, egli che era stato inghiottito come un morto comune, e devasta l’inferno per liberarlo.

Allora il fuoco dell’inferno si trasforma nel fuoco dell’amore che ha il potere di cancellare i germi distruttivi di ogni perversione di ogni follia umana, dentro le “vampe di fuoco” del Cantico, “una fiamma del Signore”. E nelle nostre coscienze malate ricomincia il dialogo fra Dio e l’uomo, perché “là dove è abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia” (Rom 5,21).

Perfino negli inferi è possibile cantare la misericordia di Dio.

È l’incanto del Sabato Santo.

Ada

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