Nel passato, le cose stavano diversamente: Niccolò Copernico era un chierico, laureato in Diritto canonico a Ferrara. Gregor Mendel, il padre della genetica moderna, era un monaco agostiniano. A proporre la teoria cosmologica poi chiamata «del Big Bang» fu, negli anni Venti del secolo scorso, il sacerdote belga Georges Lemaître.
In epoca recente, però, in molti ambienti ecclesiastici sembra essere implicitamente entrata in vigore una regola di distanziamento dal discorso scientifico. E’ un atteggiamento che talvolta viene giustificato citando a orecchio il paleontologo Stephen Jay Gould, con la sua idea dei NOMA, dei non-overlapping magisteria della religione e della scienza. (E cioè: «Il magistero della scienza – affermava Gould – copre la realtà empirica: di che cosa è composto l’universo e perché funziona così. Il magistero della religione si estende sulle questioni del significato ultimo e dei valori morali»).
Si potrebbe giudicare prudente una posizione del genere. Almeno in teoria, servirebbe a evitare che si ripetano vicende incresciose, come quella del processo del 1633 a Galileo. E si eviterebbe che si confondano argomenti di diverso ordine, con effetti nefasti. (Un esempio in negativo, al tempo del Covid-19: le fabulazioni dell’arcivescovo ed ex nunzio apostolico negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, in merito alla «psicopandemia» che sarebbe stata artatamente diffusa «per farci accettare mascherine, lockdown e coprifuoco»).
Ai ragionamenti di monsignor Viganò, ma anche a quelli di alcuni ferventi cristiani che contrappongono alla teoria dell’evoluzione di Darwin il modello del cosiddetto Intelligent Design, si attaglia perfettamente quanto raccomandava milleseicento anni fa Agostino di Ippona. Agostino affermava la necessità di evitare frettolose mescolanze tra la scienza e la Bibbia:
Ti faccio notare – scriveva Agostino, in polemica con un eretico manicheo – che non si legge nel Vangelo che il Signore abbia detto: “Vi manderò il Paracleto che vi insegni del corso del sole o della luna”. Infatti voleva formare cristiani, non astrologi.
Detto questo, va però aggiunto che la tesi di Gould sulla «spartizione del lavoro» tra la teologia e le scienze assomiglia a un accordo al ribasso. Si tratta di un accordo magari psicologicamente confortevole, ma per più aspetti precario. Intanto, si potrebbe osservare che l’annuncio cristiano non verte solo su «valori sovrasensibili», eterei, sconnessi dal mondo materiale in cui gli esseri umani concretamente si trovano a vivere.
Si potrebbe poi aggiungere che l’idea di due percorsi paralleli della religione e dei saperi scientifici, in piena autonomia reciproca e senza punti di tangenza, nemmeno regge da un punto di vista storico. (Un caso ovvio: lo sviluppo dell’astronomia ha evidentemente reso obsoleta – se non per i membri e simpatizzanti della Flat Earth Society – l’immagine dell’universo implicitamente sottesa agli scritti dell’Antico Testamento).
Soprattutto, l’indifferenza per la scienza contribuisce al rischio che il discorso religioso scivoli da sé ai margini della cultura odierna. Non solo, ma si rischia che la comunicazione ecclesiale ad extra e ad intra finisca con l’adottare un registro vagamente sentimentale, «psicologistico», di fatto irrilevante per gli uomini della nostra epoca.
«A molti, oggi, la fede cristiana sembra terribilmente “datata” – afferma un grande scienziato e teologo polacco, Michał Heller -: non stupisce, perciò, che si vadano gradualmente allontanando da essa. A mio modo di vedere, tuttavia, non è la fede cristiana a essere datata: lo è una determinata immagine del mondo a cui la teologia è andata aderendo strettamente, nel corso del tempo, e da cui ancora non riesce a staccarsi». «Giovanni Paolo II aveva coniato una sorta di slogan – racconta ancora Heller -, parlando di una “nuova evangelizzazione”, a cui oggi la Chiesa sarebbe chiamata.
L’idea è bellissima, ma perché davvero una nuova evangelizzazione possa avviarsi occorrerebbero due presupposti che invece, attualmente, non sono garantiti. Il primo è che si rinnovino le modalità e si accresca il livello dell’educazione cristiana, che al momento – a me pare – versa in condizioni precarie. Il secondo è che si ristabilisca una connessione vitale tra la cultura ecclesiale e quella scientifica. Le due questioni – si intuisce – sono strettamente intrecciate.
Per chi volesse approfondire:
George V. Coyne, Michał Heller, Un universo comprensibile. Interazione tra Scienza e Teologia, Springer, 41, 59 euro, disponibile in formato ebook a 15,28 euro.
Michał Heller, Nuova fisica e nuova teologia, San Paolo, 12 euro.
Attualmente fuori catalogo:
Michał Heller, La scienza e Dio, La Scuola.
Francisco José Ayala, Il dono di Darwin alla scienza e alla religione, Jaca Book.