“Io sono il buon pastore”

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Spunti di riflessione sul vangelo di domenica 21 aprile,  Quarta di Pasqua – “B”.
Il vangelo è Giovanni 10, 11-18. 
Per leggere i testi liturgici clicca qui

“Io sono il buon pastore”, dice Gesù nel Vangelo di oggi. “Buon pastore”, tradotto alla lettera dovrebbe essere il “bel pastore”, pastore ideale, pastore perfetto.

Il “bel pastore”

Il “bel pastore” ci suggerisce comunque qualcosa che è interessante. Gesù è capace di renderci bello tutto, anche quello che bello non è. La bellezza, infatti, non sta nelle cose – nel recinto dell’ovile, nel cibo, nella porta… – ma nel fatto che in quel recinto c’è lui, lui ci dà il cibo, anzi è il cibo – ”io sono il pane vivo disceso dal cielo…”-, che lui apre la porta, anzi è la porta… – “io sono la porta delle pecore”-.

Forse va interpretata in questo senso la frase famosa di Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. La bellezza di quella compagnia, inattesa, immeritata… 

La compagnia gratuita e inattesa

Perché di situazioni non belle che possono diventare belle ce ne sono tante… Pensiamo alla sofferenza o alla vecchiaia. Ancora una volta, sofferenze, disagi, ci fanno riflettere e il vangelo – anche quello di oggi – sembra dare una risposta alle nostre attese e alle nostre domande.

Se io vedo nel pastore soltanto quello che mi serve, gli dico: fammi guarire, sennò, che pastore sei e a che cosa servi? Se invece sono felice che lui mi vuole bene, gioisco del fatto che le mie sofferenze e anche le mie paure sono capite e condivise da lui.

Quando sono malato e un amico mi fa visita, non gli chiedo di farmi guarire, ma sono contento che sia venuto a trovarmi. Così, se riesco a capire la mia situazione di cristiano come di colui che è gratificato della compagnia del Signore, posso arrivare a vivere anche la sofferenza e anche la solitudine. Anche lui soffre e nella solitudine mi fa compagnia. 

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