L’amen della fede

Dire in maniera nuova la fede
Ottobre 5, 2023
Tra indignazione e risate
Ottobre 7, 2023

 

“Amen” è un termine fragile come un soffio e molto usato. Ma è di una inattesa profondità e ricchezza di significato

Molte volte nella Scrittura appare il termine Amen, voce che ci è familiare perché è ampiamente usata nella liturgia e come conclusione delle nostre preghiere.

“Amen” nella Bibbia. “Amen” usato da Gesù

Si tratta di un’antica parola aramaica a cui si è dato il senso di “Così sia”, “Così è”. In questo modo si chiudono alcune dossologie del Salterio per significare il sigillo della benedizione di Dio: “Benedetto il nome del Signore glorioso per sempre. Della sua gloria sia piena tutta la terra. Amen, amen” (Sal 72, 19).

Lo stesso Gesù usa questo termine ripetuto due volte, tradotto nel Vangelo con “in verità”, quando pronuncia affermazioni solenni di cui vuole sottolineare l’autorevolezza: “In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono” (Gv 8, 5), volendo dire che è Lui l’Amen per eccellenza, il sì di Dio, la Parola definitiva del Padre, “il testimone fedele e veritiero” (Ap 3, 14).

“In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io sono”

Amen deriva da una radice ebraica, la stessa del verbo credere, che esprime solidità, fedeltà, fermezza: tutte qualità proprie di Dio: Dio è fedele alle sue promesse: Lui, roccia, baluardo, Colui che “rende saldo il mondo” (Sal 93, 1), che “è assiso nella tempesta e siede re per sempre” (Sal 29, 10), che segue e ama il popolo che si è scelto, nonostante le continue infedeltà, fino a Gesù Cristo, e in eterno.

E, da parte nostra, Amen è una parola che impegna, o meglio, non è solo una parola, ma è un percorso di vita, come quello drammatico che Abramo compie quando sale sul monte Moria, in obbedienza allo sconvolgente comando di Dio, come quello di Mosè che per quarant’anni conduce Israele nel deserto, è il penoso cammino di Giobbe, è la vita dei profeti di ogni tempo che accettano la loro missione anche quando è difficile, nell’accoglienza dei disegni imperscrutabili di Dio e nell’abbandono della preghiera.

Amen è detto anche dell’antico sovrano che si appoggia al suo scettro.

“Amen”. Sono debole. Cerco un appoggio

E quindi quando pronuncio il mio Amen dico simultaneamente due cose: per prima confesso di non essere stabile, e dichiaro la mia debolezza: ho bisogno di un appoggio, ma insieme riconosco di acquistare solidità accogliendo un aiuto che mi viene da un altro. E, quando quest’altro è Dio, non si può immaginare una maggiore stabilità.

“Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza” (Sal 23, 4). Così canta il salmista certo che, anche se cammina nelle tenebre, anche se si trova nelle difficoltà della vita, può sempre contare sull’amore fedele di Dio.

“Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza”

L’Amen è la qualità di chi si rende stabile, non perché è forte, sicuro di sé, potente, e neppure perché è giusto secondo la legge, ma perché ha imparato ad affidarsi a Dio. Lui solo è il fondamento sicuro.

Allora, la coscienza della fragilità umana non solo non è un ostacolo alla fede, ma addirittura ne è la condizione. Più è profonda e non di facciata, più la fede può crescere.

L’Apostolo ce lo insegna quando per tre volte prega perché gli venga allontanata la dolorosa prova e riceve questa risposta: “Ti basta la mia grazia: la mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza”, e poi conclude: “quando sono debole è allora che sono forte” (2Cor 12,7-10).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


The reCAPTCHA verification period has expired. Please reload the page.