Il Santo i santi

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Il primo novembre è la festa “di tutti i santi”. Ma chi è il santo? Dio, anzitutto e poi tanti diversi e straordinari suoi figli. Alcuni straordinari santi del nostro tempo, fedeli a Dio e agli uomini

Dio, il Santo compassionevole

Nella Bibbia il Santo per antonomasia è Dio: Santo, Eccelso, Eterno, Altissimo, ma non chiuso in sé: in Lui trascendenza e prossimità coesistono. Tutta la Scrittura lo attesta abbondantemente.

Il “tre volte Santo”del profeta Isaia non è il Dio separato, ma è il Dio che si com-promette, che com-patisce, che con-soffre con Israele, il Dio prossimo, il Dio pastore che “porta in braccio gli agnellini e conduce pian piano le pecore madri” (Is 40, 11).

Quel Dio che in Cristo abita la carne di ogni uomo.

E Santo è il popolo di Dio che per Lui è “messo a parte” per essere suo testimone.

Santo è colui che, inserito per grazia in Cristo, entra nello spazio di Dio.

I santi “che fissano lo sguardo sul Signore

Non si tratta prima di tutto di perfezione morale, non è frutto di uno sforzo volontaristico, non è fondato su una casistica, non coincide con la sacralità che ha bisogno di spazi sacri, feste liturgiche, norme, riti…

Santo è chi, “riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, viene trasformato in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l’azione dello Spirito del Signore” (2Cor 3, 18).

È di chi fissa lo sguardo sul Signore, imparando a guardare se stesso, le cose, il mondo e tutta l’umanità con gli occhi di Dio in una progressione continua “di gloria in gloria”,e, sebbene inconsapevolmente, diventa  in Dio co-creatore e in Cristo co-redentore.

Una piccolissima particella dell’universo, il santo, un anonimo qualsiasi senza meriti, si innalza e diventa luce nelle tenebre; un piccolo grumo di terra immette vita là dove c’è distruzione e morte.

Tracce di eskaton in attesa di “Dio tutto in tutti”

“Cristo nostra speranza” (ITm 1, 1). In questa sintesi di Paolo c’è  la forza  dell’uomo della profezia, che crede che il “nuovo” può avvenire, che la morte genera la vita, che la misericordia di Dio riscatta l’uomo precipitato negli inferi, che dalla pietra possa nascere un fiore.

Nello scatenarsi dell’ira di Dio nel mondo, come ai nostri giorni, il santo, non si ritrae nell’intimismo, nel devozionismo (non dico nella  preghiera “il caso serio della fede” W, Kasper), cioè nella banalità di una speranza non motivata, a basso prezzo. Il sentire cristiano non è un provvedenzialismo che pensa che tutto prima o poi si risolve o che vede immediatamente l’azione dello Spirito.

La santità non è senza discernimento, non è senza intelligenza critica.

Al contrario, se la santità è la partecipazione alla santità di Dio, essa acquista un aspetto di grande responsabilità di cui si deve rispondere.

Ne sono esempio i testimoni del secolo scorso che hanno saputo abitare gli inferni storici, spirituali, esistenziali, custodendo la fede con la capacità di “resistere” anche in situazioni estreme.

I grandi testimoni moderni

Mi riferisco a Bonhoeffer, a Etty Hillesum, a Charles de Foucauld, a Teresa di Lisieux, a Oscar Romero, a Silvano del monte Athos, e a quella “moltitudine immensa di ogni nazione, razza, popolo e lingua, ritti, in piedi, davanti al trono e davanti all’Agnello” (Ap7, 9).

Uomini e donne che vivono la fede come vita: non un discorso astratto, una serie di valori e di idee pure altissime e risposte rassicuranti, ma la volontà di tener desta la domanda e una sete di senso anche quando il senso è nascosto.

Il cammino di santità, perché di cammino si tratta, è quello che ci propone la liturgia del giorno: 

le Beatitudini.

“Beati i poveri davanti a Dio, perché di essi è il regno di Dio”.
“Beati i puri di cuore perché vedranno Dio”.

Poveri, puri, non doppi, unificati attorno all’essenziale, liberati da se stessi, dal proprio soggettivismo, per ritrovare un “Tu” irriducibile alle pretese di salvarsi da soli.

“Chi salirà il monte del Signore?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
Chi non pronuncia menzogna
Chi non fa danno al suo prossimo” (Sal 24)

Il povero di sé, il puro, il santo, vedrà Dio, “il monte del Signore”, perché già in qualche modo lo possiede, non forse come lui vorrebbe, perché sempre si sente inadeguato, ma in ogni caso come Dio vuole.

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