E’ l’inizio del capitolo 6 del vangelo di Giovanni. Racconta della miracolosa moltiplicazione dei pani “sul monte”, che poi si prolungherà, nella sinagoga di Cafarnao, con il grande discorso sul “pane di vita”. Con pochi pani e pochi pesci, dunque, Gesù dà da mangiare a migliaia di persone. Ma il gesto spettacolare fa nascere attese ambigue di un messia mondano e politico. Gesù si ritira di nuovo sul monte “lui da solo”.
Gesù moltiplica i pani. Ma il pane che il ragazzo del racconto ha portato con sé è il pane dei poveri, pane d’orzo e il ragazzo è figura marginale, anonima, che non conta nulla nella grande folla. Eppure, quei pochi pani diventano indispensabili. Possiamo pensare, infatti, che senza i cinque pani e i due pesci del ragazzino, Gesù non avrebbe fatto il miracolo. E quando fa il miracolo, il pane non diventa pane raffinato, di frumento. Resta pane d’orzo, ma è abbondantissimo, con quel pane tutti si possono sfamare e ne restano perfino dodici canestri.
Siamo chiamati, spesso, a vivere momenti di sofferenza: crisi vicina con la malattia e la morte, crisi lontana che ci attacca con le sue paure: la guerra che sembra non finire mai e che pesa, indirettamente, su tutti.
La fratellanza nei momenti di grande emergenza qualche volta è intensamente vissuta. Il più delle volte è soltanto ammirata. Non è stato facile essere “compagni di viaggio” con chi sta male. Ora, in rapporto a questo, possiamo ricordare che la parola compagno significa “colui che mangia il pane insieme”. Non abbiamo molto, ma abbiamo la ricchezza della nostra fratellanza. Essere fratelli, infatti, è possibile. Se siamo capaci di mettere in comune questa straordinaria bellezza, la nostra povertà è già superata. Poi il Signore, su quella fratellanza, fa i suoi miracoli.
Siamo pane d’orzo, povero, ma prezioso agli occhi del Signore. Quel pane lo portiamo in chiesa e il Signore lo fa diventare il suo corpo… Poi, nutriti dal suo corpo, torniamo nel mondo a vivere eucaristicamente i nostri rapporti, anche quelli che ci pesano, anche quelli che ci fanno soffrire.