Assunta: la donna e la madre che “se ne va” in cielo

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Assunta: la donna e la madre che “se ne va” in cielo

Correggio, Assunzione della Vergine, Parma, Duomo

La “strana” festa di metà agosto
Le immagini tradizionali e il loro significato
La Donna assunta in cielo e le donne rimaste sulla terra

Le scene che illustrano la festa dell’Assunzione della Vergine fanno parte del patrimonio di immagini della tradizione cristiana. Sono entrate nel cuore e nell’immaginazione dei credenti, nonostante la difficoltà a interpretare quelle immagini. In effetti anche i credenti di oggi accettano, nonostante tutto, gli angeli che svolazzano attorno alla protagonista, le nubi dalla densità marmorea che fanno da sostegno, il Padre eterno, anziano e barbuto, che si affaccia, in alto ad accogliere e poi lei, la Madonna, che si alza solenne, orante, estasiata verso il cielo.  

Per la verità le immagini tradizionali dell’Assunzione non sono soltanto angeli, nubi e cielo. Spesso, nella parte bassa del quadro, si trovano gli apostoli che, sorpresi e increduli, guardano la tomba vuota da cui l’Assunta èuscita per volare in cielo. Gli apostoli hanno i tratti abituali che li distinguono, dalla barba e calvizie di Pietro, ai capelli lunghi e ai tratti giovanili di Giovanni…: sono loro. La loro umanità viene esaltata dal gioioso agitarsi di fronte all’evento inatteso.

Maria parte da noi e arriva in un “altrove” che non ci appartiene, misterioso: il paradiso

Questa parte la si accetta senza alcuna difficoltà, ovviamente: è la terra, siamo noi, punto di partenza del viaggio di Maria verso il paradiso. È il punto di arrivo che fa problema: Maria parte da noi e arriva in un “altrove” che non ci appartiene, misterioso: il paradiso, di cui speriamo tutto e di cui non sappiamo nulla. E per non lasciarlo diluire in una irraggiungibile lontananza lo decoriamo di angeli che volano e di nubi marmoree che salgono in alto insieme con Maria.  

La donna del cielo e le donne della terra 

Dunque: l’Assunzione stabilisce, definisce una lontananza, una separazione, in una messa in scena grandiosa e – vedi soprattutto certe rappresentazioni barocche – magniloquente, al limite del teatrale. In questa grandiosa “presa di distanza”, non bisogna dimenticare il punto di partenza, i tratti umani che definiscono la protagonista: anche lei è figlia di questa terra, infatti.

Una donna madre se ne va “lassù”, si separa definitivamente dall’umanità da cui proviene, dalle donne e dalle madri, le innumerevoli sue sorelle, donne e madri come lei

Due soprattutto: Maria è donna e madre. Una donna madre se ne va “lassù”, si separa definitivamente dall’umanità da cui proviene, dalle donne e dalle madri, le innumerevoli sue sorelle, donne e madri come lei. Si potrebbe anche dire, con termini diversi, che l’Assunta è la donna che si sottrae, che risulta non più “disponibile”, definitivamente fuori da ogni possibile presa di possesso da parte di chicchesia. 

Nasce certamente da qui il senso di disagio di molta gente di oggi, di molte donne soprattutto che vedono in Maria “che se ne va” verso un lontanissimo paradiso, l’immagine di una donna che non offre più appigli a quei poveracci, maschi per lo più, che sono rimasti sconcertati attorno alla tomba vuota e che si allontana dalle sue sorelle che restano “quaggiù” a godere, certo, la gioia della loro femminilità e della loro maternità. Ma anche a portarne il peso, tra violenze, soprusi, femminicidio ed emarginazioni varie.

Il Risorto e l’Assunta

Ma l’Assunta che arriva in cielo, che cosa fa? Davvero, si sottrae definitivamente? Davvero la sua femminilità e la sua maternità sono definitivamente “cancellate” dal suo trionfo celeste? Il credente, a una provocazione del genere, risponde istintivamente “no”. Non è possibile, infatti, che un’avventura umana così ricca come quella di Maria – una donna che porta nella sua pancia Dio e lo mette alla luce – sia eliminata dal suo trionfo celeste, come se quella avventura unica non fosse mai avvenuta. Si intuisce, nel “no” istintivo del credente, che il paradiso non può essere la semplice negazione della terra. 

Ancora una volta, il mistero cristiano, tutto il mistero cristiano va visto a partire da Gesù, anche la parte che, in quel mistero, riguarda Maria. Gesù risorge e la sua risurrezione appare essa pure un “distacco”, un “andare presso il Padre”, un “tornare” da Lui. Eppure questo distacco non è una semplice estraniazione. Al contrario.

Il paradiso non può essere la semplice negazione della terra

Gesù risorto sta con gli uomini, con tutti gli uomini e i suoi amici sono incaricati di annunciare questa straordinaria ubiquità del Risorto che è dappertutto, ovunque si ascolta la Parola, si prega e si spezza il pane. Il Risorto non è più per qualcuno soltanto ma per tutti e non è più da qualche parte, ma è dappertutto. E lo èproprio perché risorto.

In parallelo – anzi in stretta dipendenza – con il mistero di Gesù sta il dolcissimo mistero di Maria. La sua femminilità – come la maternità – non è definitivamente sottratta, proiettata oltre le nubi, ma offerta come dono a tutti: Maria è la donna per eccellenza, la madre, madre di tutti perché madre in paradiso. Chi va in cielo, solo chi va in cielo, può raggiungere tutta la terra, chi resta sulla terra è a disposizione soltanto di quella piccola parte di terra che lo circonda.

Il paradiso di Dante e quello perduto di Proust 

Mi viene in mente, ovviamente, il “Vergine madre, figlia del tuo Figlio, umile e alta più che creatura” di Dante. E non si finisce mai di meravigliarsi delle straordinarie intuizioni di quel passaggio della Divina Commedia. La vergine si sottrae, non è a disposizione di nessuno. Ma quella vergine che ha dato la vita a quel figlio è madre per eccellenza, madre di tutti. 

Sulla scorta di quel ricordo e in perfetto contrappunto con esso me ne viene in mente un altro, famoso, moderno e vicino a noi, di tutt’altro tipo.

Si sogna molto il paradiso – dice Proust in Sodoma e Gomorra – o meglio, più paradisi successivi; ma sono tutti, molto prima che si muoia, paradisi perduti, e nei quali ci sentiremmo perduti”. 

Si potrebbe dire che l’intuizione proustiana dice in maniera struggente l’aspirazione del cuore umano: l’aspirazione a un paradiso che non vada perduto e nel quale non ci si perda. L’uomo da solo non ce la fa a costruirsi un paradiso siffatto. lo perde e vi si perde. Ha bisogno di qualcuno che glielo offra, che lo costruisca per lui.

La madre che è vergine, la donna e la madre in paradiso, offrono una buona ragione che ci fa credere che questa sorprendente speranza con ci inganna.  

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