Al mattino sul lago di Genesaret. La colazione con il Risorto

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Al mattino sul lago di Genesaret. La colazione con il Risorto

"Gesù disse loro: "Venite a mangiare" (tempera di Giuseppe Sala)

Anche il vuoto al cuore della Chiesa dice qualcosa dei nostri legami interrotti, delle nostre solitudini.
Sulla riva del lago il Risorto prepara lui da mangiare per i suoi amici.
Le prime comunioni delle nostre parrocchie e i loro impegnativi significati

Cari fratelli e sorelle,

viviamo in un tempo di legami sfilacciati, di relazioni interrotte, in stanze abitate da tristi solitudini e ci sentiamo fragili, vuoti. Non sappiamo che pesci pigliare. Eppure, dentro di noi resta una fame antica: pane buono, senso pieno. Un desiderio di legami buoni. E mani che ci sfiorino senza ferire.

Il Risorto prepara da mangiare

La comunione dei discepoli pare infranta, smarrita, perduta. Siamo insieme eppure soli. Pietro torna alla barca. E noi torniamo alle nostre abitudini, a trovar rifugio e conforto nel già visto e già noto. Come se nulla fosse accaduto. Ma lo sappiamo: nulla è più come prima.

Sul bordo del nostro smarrimento, una voce nel vuoto più profondo ci chiama: “Figlioli”; quando non abbiamo nulla da offrire. Una voce che non giudica, ma chiama e domanda: «Avete qualche cosa da mangiare?». La speranza di cui la vita si nutre nasce non dal far finta di niente. Il risorto si fa presente con la sua fame dove e quando ci sentiamo vuoti. 

Tutto è dono e grazia. Logica pasquale, senso della vita

Gesù Risorto non s’impone, non abbaglia. Non irrompe: attende. Viene incontro sulle acque, ci oltrepassa verso quella riva che non sappiamo raggiungere da soli. Solo chi ama lo riconosce. Solo chi ha ascoltato la sua voce sa che quella presenza, silenziosa e calda, è il Signore. E allora accade qualcosa di semplice e di profondo: uno lo dice. Un altro si getta. Tutti mangiano, nessuno domanda. Sanno. Non c’è bisogno di essere interrogati per passare l’esame del giorno. Il Risorto accende un fuoco, prepara da mangiare, spezza il silenzio con il profumo del pane. È un gesto familiare, ma ora ha il sapore della Pasqua. Il fuoco di brace su cui cuoce quel pane è la brace della sua morte, il pasto è la vita donata. 

Ogni Eucaristia è questo: un pasto preparato con amore che nasce dal dono di sé. Trasfigurazione del quotidiano, fatica benedetta, gioia che sorprende, vita donata. Anche noi portiamo qualcosa un po’ del nostro lavoro. È qualcosa che si lascia toccare, illuminare, benedire. È il segno di una relazione ripresa, di una comunione ritrovata in una memoria piena di amore come pane condiviso, pesce sulla brace, colazione all’alba. Gesù è vivo, è risorto è presente in mezzo a noi. Egli fa comunione con noi. Tutto è dono è grazia. Logica pasquale, senso della vita.

Oggi, in molte parrocchie, le prime comunioni

In alcune nostre comunità in questa domenica si celebrano le Prime Comunioni. È la bellezza della Prima Comunione: i nostri figli sono invitati e introdotti come commensali alla tavola di Gesù: «Prendete e mangiate. Questo è il mio corpo». La verità dell’umano si manifesta nel ricevere, ringraziare e restituire«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date!». È la misura dell’amore vero. «Chi si ricorda del bene ricevuto? Attraverso i miei figli, ho ricevuto mia madre», (S. Petrosino)

Ogni genitore che accompagna un figlio alla tavola della vita incarna e rivive questo mistero. Ogni comunione vissuta attesta la promessa buona della vita. Educare è sperare. Educare è generare speranza. È dire con la vita: “Non sei solo. Questa vita è dono.” È svelare il nome del Donatore, e incoraggiare a fare della propria vita un dono. È mantenere fede, giorno dopo giorno a quel primo atto d’amore che s’è dato nella generazione del figlio.

La comunione non è evasione: è alba di un mondo nuovo, di un modo nuovo di abitare il mondo. È legame che resiste, oltre ogni separazione, è lievito di vita, pane che si spezza e si moltiplica. Fuoco di brace acceso riaccende la speranza.

Forse la spiritualità di quell’essere spirituale che è l’uomo rivela il suo ultimo volto proprio nel pane spezzato e condiviso con l’altro

«Non si tratta di opporre il pane allo spirito ma neppure lo spirito al pane; bisogna piuttosto riconoscere e vivere il pane come segno dello spirito e lo spirito come urgenza della condivisione del pane. […] Forse la spiritualità di quell’essere spirituale che è l’uomo rivela il suo ultimo volto proprio nel pane spezzato e condiviso con l’altro», (S. Petrosino​).

Nel tempo segnato da solitudini relazionali, da relazioni familiari frammentate e allargate, spezzate e ricomposte, da comunità spaventate che tendono a isolarsi e chiudersi in sé stesse la comunione con il Risorto ci dice che non è vero che l’amore finisce.  Lui non ci lascia soli. Il Risorto ci chiama ancora: “Figlioli…” E ci prepara da mangiare.

Etty Hillesum esprime così la profonda solidarietà e condivisione con l’umanità nell’offrirsi e spezzarsi come un pane: «Ho spezzato il mio corpo come se fosse pane e l’ho distribuito agli uomini».

Teniamo acceso il fuoco, nel desiderio di legami buoni, continuiamo a credere nel bene, torniamo a volerci bene da fratelli e sorelle. Ricominciamo da qui: da un “grazie”, da un “ti voglio bene” che torna a fiorire. La speranza ha come fondamento la memoria di un bene ricevuto.

Colazione del Risorto

Con voi 
dalla riva del Risorto,
diciamo: non è finita.
È solo l’alba.

Siamo insieme,
ma soli.
Reti vuote, cuori stanchi.

Lui è già sulla riva.
E chiama:
“Figlioli.”

Accende un fuoco.
Prepara da mangiare.
Non spiega,
nutre.

Il pane è il suo corpo,
la brace è la sua croce.

Sale come l’alba

il sapore della comunione ritrovata.

Uno lo riconosce.
l’altro si tuffa.
Tutti mangiano.
Tutti sanno.

Colazione del mattino

che dopo la notte

ricuce relazioni.

L’amore non è finito.
È solo l’alba.

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