Nel presente a testa alta e con il cuore acceso

Bonacina/Servizi ecosistemici
Novembre 27, 2021
Dotti/La speranza. Il valore della fragilità
Novembre 28, 2021
Vedi tutti

Nel presente a testa alta e con il cuore acceso

Spunti per rimuginare la Parola a cura di Omar Valsecchi – Prima domenica di Avvento

Ogni tempo, ogni epoca della storia porta con sé interrogativi, situazioni e sconvolgimenti che possono indurre negli animi sentimenti di angoscia, preoccupazione e paura. L’evangelista Luca – nel brano che apre le porte di un nuovo tempo liturgico, nel segno dell’avvento – non intende descrivere eventi che si verificheranno in un istante preciso dell’evoluzione cosmica, bensì rivolge ad ogni generazione l’invito ad assumere la consapevolezza che abitiamo dentro un mondo, una realtà che porta con sé i segni della sua finitudine e della sua provvisorietà. E questa consapevolezza si fa tanto più chiara in noi quanto più accogliamo e incarniamo l’appello alla resistenza, all’attenzione e alla vigilanza nella preghiera.

In piedi, a testa alta!

L’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra può paralizzare gli uomini nella paura, al punto da farli morire. L’unica possibilità per non lasciarsi dominare dalla paura e non soccombere, non sta nel cercare di prevedere o cambiare le cose che “devono venire”, ma nel predisporre noi stessi a cogliere in ciò che ci raggiunge la chiamata ad un sussulto di dignità, di coraggio e di fiducia. “Alzatevi, levate il capo”; che è come dire: in piedi e a testa alta! Rimanete presenti al presente, con intelligenza e creatività; pronti a mettervi in cammino, con lo sguardo lungo e profondo. Detto in altri termini: l’esatto contrario della rassegnazione, del lasciarsi cadere le braccia o del rimanere inerti ad aspettare qualcosa che dall’esterno possa variare il corso degli eventi.

Gesù, anche nelle ultime parole rivolte ai discepoli prima di consegnarsi agli eventi della sua passione (il finale del ventunesimo capitolo di Luca, da cui è tratto il testo odierno, precede l’inizio del racconto di quei giorni ultimi del Nazareno), non cessa di mostrarsi come ispiratore di speranze sepolte, risuscitatore di spiriti annebbiati e di cuori appesantiti. Appesantiti da gozzoviglie (‘crapula‘ dice letteralmente il testo greco), da ubriacature e affanni.

C’è un’attenzione urgente da porre e un discernimento accurato da esercitare, dunque, sul come i nostri comportamenti esterni e i rapporti con ciò che – spesso acriticamente – assumiamo da ‘fuori’, ci determinano ‘dentro’. E non si tratta – lo capiamo – semplicemente di una faccenda di cibi e bevande… Un cuore sobrio, agile, leggero è la scintilla del cambiamento da innescare in noi, all’inizio di questo avvento.

Leggero è il cuore che non chiude gli occhi per non vedere, che non si crea corazze, alibi o giustificazioni ideologiche per non soffrire e lasciarsi scivolar via le cose. Un cuore leggero trova coraggio e sapienza per rimanere aperto, sensibile e quindi anche vulnerabile; nonché ancora capace di lasciarsi sorprendere e convertire!

La Sua fiducia in noi

Proprio alle nostre coscienze Gesù desidera affidarsi; ha fiducia nella nostra capacità di essere attenti a noi stessi, di vegliare e “stare di fronte” al Suo continuo venire nella storia; una fiducia folle, irragionevole – se ci pensiamo bene – ma liberante e generativa. Quella paura e quelle angosce paralizzanti, di cui parlavamo prima, possono dunque essere attraversate e superate proprio grazie a questa fiducia.

Dalla Sua fiducia in noi. Dal Suo dirci che il nostro tempo – ogni tempo! – è abitato da una promessa, si muove e si rinnova dentro un’alleanza che risveglia in noi l’attesa di un futuro che proietta sul presente un senso di liberazione.

Difatti, il motivo che giustifica quell’invito: “Alzatevi, levate il capo”, sta proprio nell’avvicinarsi della nostra liberazione. Il futuro di Dio ci apre orizzonti di liberazione. Orizzonti che solo uno sguardo lucido, presente e accorto può scorgere. Per questo occorre affrancarsi da quelle dissipazioni che ingolfano le coscienze, anestetizzandole e rendendole incapaci di cogliere il nuovo che viene. E’ quel germoglio di giustizia, di cui ci parla Geremia profeta nella prima lettura, che sta spuntando pur dentro gli inverni dell’anima e della storia.

La pedagogia del germoglio

Qui risiede la credibilità del cammino di Avvento che iniziamo: imparare a vivere la pedagogia del germoglio che guarda e riconosce, dentro contesti difficili, la promessa custodita in ogni cosa, in ogni storia… specie nelle più piccole e silenziose. Per resistere alla banalità, al disfattismo e all’indifferenza. E divenire anche noi suscitatori di nuove speranze nel solco di quella fiducia originaria che, rialzandoci, ci fa stare nel presente a testa alta e con il cuore acceso.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *


The reCAPTCHA verification period has expired. Please reload the page.