
Da quanto ho potuto udire e leggere sui diversi quotidiani relativi ai discorsi pronunciati dal Presidente Trump, il nuovo Governo degli Stati Uniti presenta un programma e orientamenti socio-culturali che inducono a una attenta e non neutrale riflessione.
Da tutta questa serie di informazioni ho tratto l’impressione che se l’attuale Presidente degli Stati Uniti riuscisse a realizzare larga parte degli obiettivi che annunciato, la struttura sociale, economica, culturale e politica ne risulterebbe profondamente modificata, sia negli Usa che a livello internazionale.
Viviamo in tempi che vedono risorgere il nazionalismo e il sovranismo come progetti politici e sociali che tendono a definire un ordine mondiale sostitutivo della globalizzazione attraverso una nuova e pericolosa polarizzazione, in cui il ruolo predominante sarà giocato dalle grandi potenze militari, territoriali ed economiche, non tutte democratiche.
Ecco la ragione del perché dobbiamo seguire con attenzione l’implementazione del progetto politico di cui Trump è portatore.
Quello di cui sono certo è che la nuova politica americana avrà delle ricadute sul nostro Paese. Muteranno le relazioni tra USA e Unione Europea. La nuova polarizzazione internazionale non può tollerare poteri sovranazionali.
Il fatto che i rappresentanti dell’Ue non siano stati invitati alla cerimonia dell’insediamento presidenziale, non è stato solo un atto scortese ma una chiara indicazione politica. Per questo non ho apprezzato la corsa all’accreditamento della nostra presidente del Consiglio. L’Italia ha il dovere di difendere e ampliare il progetto di unità europea.
Da europeista e sulla scia del pensiero di De Gasperi, Adenauer, Schumann, Monet, Spinelli, continuo a pensare che un futuro positivo per il nostro Paese è possibile solo nel rafforzamento dell’unità d’Europa, e non nella sudditanza agli Stati Uniti o nella risorgenza del nazionalismo.
La prima sfida che il trumpismo ci porrà è l’indebolimento del modello democratico americano costruito con fatica, e certamente non senza contraddizioni, a cui hanno lavorato F.D. Roosevelt (negli anni 30) e che è stato rafforzato da J.F. Kennedy e L.B. Jonson nel secolo scorso.
Seguendo i discorsi pronunciati da Trump ho avuto la sensazione di trovarmi innanzi a un nuovo modello politico basato sull’intreccio tra tensioni autoritarie, conservatorismo tradizionalista, economia liberista e potere post-tecnologico incarnato da Musk e dai suoi soci miliardari. Questi rappresentano ormai una nuova oligarchia che interviene nella politica per difendere e ampliare i suoi interessi economici e aumentare la loro già spropositata ricchezza.
L’intreccio tra ricchezza e potere politico rappresenta una minaccia reale per la democrazia a livello mondiale.
Nel prossimo futuro ci troveremo a fare i conti un nuovo esperimento politico che potrebbe essere portato avanti sulla base di una visione conservativa che amplia il potere e le casse dei ricchi che sono accorsi in massa all’insediamento.
Il nuovo blocco di potere non eviterà l’ampliarsi delle discriminazioni sociali. Potremmo pertanto assistere al crescere di uno smisurato potere politico supportato dai ricchi tecnocrati, dall’indebolimento del modello democratico e la determinazione a calibrare i rapporti sociali e internazionali sulla forza del denaro e delle armi.
Mi è così tornato alla mente quando mi veniva detto nei corsi formativi del sindacato che la lotta di classe la fanno sempre i ricchi.
L’agire politico mondiale viene costretto a un gioco molto pesante e dall’esito incerto. Mentre mi rallegro per il cessate il fuoco in Palestina e spero avvenga presto in Ucraina, non posso tacere le mie preoccupazioni su quanto potrà influenzare la politica a livello mondiale la nuova amministrazione americana.
Non posso sentirmi a mio agio di fronte a questo crudele programma e continuare a definirmi una persona di fede. Non posso accettare che ci si sottragga di partecipazione alla protezione della nostra casa comune, la terra. A sostenere la Sanità a livello internazionale.
Ho dei nipotini piccoli che hanno il diritto di vivere su un pianeta abitabile e sostenibile. Sono preso dal timore nel pensare che la deportazione in massa degli immigrati incida e condizioni pesantemente le politiche migratorie dell’intero pianeta.
Anche se non conosco personalmente queste persone, sono comunque chiamato ad amare tutti e a fare tutto il possibile per mitigare qualsiasi danno che possa capitare a chiunque. Sono chiamato a confortare gli afflitti.
Ecco perché non possiamo possono più ritirarci dalla piazza pubblica e vivere i giorni in un comodo oblio, anche se allettante. Ci è stato insegnato che senza opere buone gli ideali muoiono e che anche la fede è “morta in sé stessa”. La nostra chiamata a una fede, che sia essa religiosa o semplicemente “secolare”, deve essere viscerale e spirituale. Richiede le nostre mani e il nostro cuore, il nostro tempo e le nostre risorse, la nostra preghiera e la nostra presenza. Sto parlando a me stesso.
“Non ti è permesso arrenderti”, ha detto l’attivista anticorruzione Alexei Navalny prima di essere incarcerato e martirizzato dal despota russo e dal suo sistema di ingiustizia.
Noi cattolici d’altri tempi a volte siamo presi da un frustrante senso di impotenza. Sappiamo che non riusciremo ad incidere sulle grandi questioni sociali e a costruire direttamente la pace, perché tutto questo avviene ai livelli alti dei rapporti internazionali. Ma non possiamo arrenderci. Dobbiamo anzi avere chiaro che ovunque ci troviamo, in qualsiasi angolo di modo, dobbiamo difendere gli oppressi, i poveri, gli svantaggiati, le persone ai margini e, per tutti, tendere, con tutte le nostre forze, alla pace e alla giustizia sociale.
La virtù della prudenza non sta nel chiudere un occhio sul razzismo o sulla misoginia o sull’odio o sulla persecuzione, ma nel far sorgere un pensiero, una politica, un impegno sociale che spinga ad avere sempre cura delle vittime di tutte le ingiustizie sistemiche, ovunque esse si trovino.
La mia America non può essere quella di Donald Trump, ma resta quella di Martin Lhuter King, di Doroty Day, di Cesar Chavez e dei fratelli Kennedy.
L’elezione di qualcuno che promette azioni che contraddicono i nostri principi di giustizia sociale (come quando si decidono le deportazioni di massa), dovrebbe, per reazione, spingerci a riaffermare la missione di cura e preoccupazione per tutta l’umanità e per l’intero creato.
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