È la prima regione d’Italia ad aver definito tempi e procedure chiari per chi vuole accedere al “fine vita”, ma continua a mancare una legge che riconosce pienamente quello è che un diritto.
L’Emilia-Romagna è diventata la prima regione in Italia che garantisce a una persona il diritto di togliersi la vita attraverso il suicidio assistito, ovvero l’auto-somministrazione di un farmaco letale. Lo ha fatto con una delibera che fissa il percorso e i requisiti con cui il paziente può accedere al “fine vita”, il limite di tempo per attuare la procedura e le linee guida per gli organi che devono valutare la richiesta. “ (Bologna Today, 20/02/2024)
Non sto qui a riportarvi l’iter nei dettagli, ma vi riassumo sommariamente il percorso:
Il malato deve essere giudicato inguaribile dalla malattia e sofferente da un gruppo di esperti della disciplina propria (oncologi, neurologi etc.)
Devono essergli illustrate le alternative di sedazione, le cure antidolore etc. Devono essere avvisati e sentiti i parenti prossimi.
Il richiedente deve essere valutato come soggetto capace di intendere e di volere.
Il caso viene sottoposto ad un Comitato Etico, composto da medici, psichiatri, anestesisti, giuristi…
Concluso questo iter in tempi certi:
L’accesso alla morte assistita è permesso soltanto se vengono rispettati tassativamente i criteri che la Corte Costituzionale ha fissato “per evitare abusi e arbitrii”: il paziente deve essere affetto da una patologia irreversibile che causa sofferenze fisiche o psicologiche che ritiene insopportabili, è tenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale ed è pienamente in grado di prendere decisioni libere e consapevoli. La procedura sanitaria è a carico del Servizio Sanitario Nazionale e quindi gratuita per il paziente.” (Ibidem)
Come cristiana mi permetto di fare qualche considerazione, dopo aver sentito amici bolognesi qualificati che mi hanno rassicurata sulla serietà del percorso e della Commissione Etica.
Non sono certo una fan del “fine vita”, ma ritengo che la legge di uno stato laico, con tutte le cautele, come ad esempio avviene a Bologna, possa esistere per garantire una pluralità di scelte nella libertà.
Gli hospice e l’assistenza domiciliare hanno trasformato gli ultimi mesi e il trapasso di molti ammalati
Data l’età avanzata, posso purtroppo affermare di avere visto qualche “fine vita” drammatico, ma è altrettanto vero che le cure palliative, l’organizzazione degli hospice o l’assistenza domiciliare, come quella offerta dal gruppo ANT, hanno veramente trasformato gli ultimi mesi e il trapasso di tutti coloro che sono stati assistiti.
Il vero dramma è che in Lombardia ed Emilia queste opportunità esistono per tutti o quasi, in altre parti del nostro paese meno, molto meno o per niente.
Non voglio riaprire la polemica sulle carenze del Sistema Sanitario Nazionale, visibili a tutti, ma sottolineo l’ingiustizia della situazione: in uno stesso paese c’è chi può morire senza dolore e talvolta senza coscienza, e chi soffre e pena ancora tanto anche per lasciare la vita.
Sempre come cristiana mi permetto anche di dire come la Chiesa non faccia abbastanza per aiutare e diffondere queste cure palliative e gli altri tipi di assistenza, anzi ricordo bene certe passate ostilità verso di esse, e come morire con dolore, anche atroce, sia stato considerato come purificazione dei peccati (e non come tortura).
Anche l’assistenza spirituale nei luoghi di cura e sofferenza è carente
Anche l’assistenza spirituale nei luoghi di cura e sofferenza è carente. Non solo spesso le persone sono sole e abbandonate al personale solitario come ingombri di cui i familiari spaventati si liberano, ma tante volte un conforto spirituale, un aiuto ad affrontare dolorose decisioni, oltre che a fare del bene, renderebbe inutili certe pratiche di “fine vita”.
Anche noi laici cristiani, non solo preti, frati e suore (che sono pochi), siamo in difetto. Certamente servirebbero più volontari negli ospedali, specialmente in certi reparti; persone preparate con appositi corsi e con tanto coraggio e umana tenerezza.
Da ultimo rimane il terribile problema di persone ancora giovani e con il cuore forte che, per malattie o incidenti, sono gravemente menomate, vivono con il supporto di macchinari di vario tipo e soffrono dolori fisici e ancor più psicologici. Alcuni possono avere la prospettiva di anni e anni di questa vita.
Davanti alla loro disperazione non mi sento di pronunciare alcun giudizio.
Semmai una preghiera.
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