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Si può criticare Israele senza essere antisemiti.
A Udine quattro imbecilli hanno lanciato insulti antirazzisti. E tutto il mondo ne parla.
“Né Dio né l’uomo sono morti. Quella che è sparita è la loro relazione”. Parola di Malraux

Israele e noi

“L’Ucei (Unione delle comunità ebraiche d’Italia) ha chiesto, qualche giorno fa: “Ora cessi il fuoco di parole contro Israele”. Quindi, mi pare di capire, non si dovrebbe parlare di Gaza e dei 25.000 morti. Nel mio piccolo mi ripeto un’affermazione banalissima tanto è evidente. Questa: Se critico Netanihau non necessariamente critico il governo di Israele, se critico il governo di Israele non necessariamente critico Israele. E se critico Israele non sono necessariamente un antisemita. 

Questa distinzione di livelli – banale, ripeto – funziona con difficoltà nelle due direzioni. Chi critica spesso mette insieme tutto e chi si difende dalle critiche spesso mette insieme tutto. Anche l’affermazione dell’UCEI va in questa direzione. O, per lo meno, sembra andare. E invece bisogna affermare fortemente la libertà di critica verso qualsiasi politica, anche quella di Israele, anche quella politica e militare che Israele mette in atto a Gaza. 

Il razzismo degli imbecilli

Si continua a parlare del caso Maignan. I giornali hanno riferito che i responsabili sono tre o quattro e pare che siano stati pure identificati. Tutto il mondo parla perché tre o quattro cretini hanno rivolto insulti razzisti al portiere del Milan. 

Davvero si tratta di una sproporzione enorme. Che dice chiaramente che su questo tema non siamo capaci di essere lucidi. Basta una scintilla per far scoppiare l’incendio. Vuol dire che molta brace resiste sotto le ceneri. Il razzismo non è vinto. E c’è un razzismo non dichiarato che fa da esca a queste esplosioni. Mi viene la voglia di fare nomi di politici, ma lasciamo perdere (anche perché tutti questi politici verso i quali nutro qualche sospetto vedo che si sono affrettati tutti a mettersi dalla parte di Maignan).

Dio, l’uomo, la loro relazione

Sfoglio La Croix di ieri. Un articolo a pag. 25 recensisce uno studio su André Malraux, il celebre scrittore e ministro della cultura del gen. De Gaulle. Titolo: “Malraux au seuil de la foi”. Il libro recensito è: Malraux devant le Christ”, l’autore è François de Saint-Cheron. 

Il libro non intende aggregare a forza l’autore alla fede cristiana. Ma fa vedere i vari modi di avvicinamento e di interesse. Malraux ammira molto san Francesco. Ad Assisi, dice, “si è sfiorata la metamorfosi dal dramma universale alla tenerezza”. Magnifica l’immagine di Francesco come campione di tenerezza “evangelica”. Il Vangelo e la tenerezza di Dio e Francesco cantore di quella tenerezza. Tema affasciante. 

Malraux aveva anche parlato di sé e della sua mancata fede. C’è qualcosa di molto moderno nell’affermazione in cui dice: “Forse sono essenzialmente uno spirito religioso senza fede”. Tanto che un giorno De Gaulle gli ha chiesto: “Ma come mai lei parla come se avesse la fede, visto che la fede non ce l’ha?”. 

L’articolo cita anche un’altra affermazione fulminante, modernissima, di Malraux: “Né Dio né l’uomo sono morti. Quella che è sparita è la loro relazione”. 

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