Omosessuali e lgbt compagni di viaggio

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Omosessuali e lgbt compagni di viaggio

Ricevo dai gesuiti di Bologna una scheda di approfondimento per la prima fase del sinodo della chiesa italiana. Mi viene chiesto un approfondimento. Non sono espertissimo riguardo al tema, ma provo a dire un mio parere che parte dall’esperienza personale.

Omosessuali e lgbt compagni di viaggio. Questo è il tema con cui mi devo confrontare. Come prima cosa perché i Gesuiti di Bologna? Perché grazie a loro sono riuscito a fare un corso di formazione sulla pastorale di frontiera. In particolare il corso prevedeva un approfondimento per l’accompagnamento delle persone e dei gruppi cristiani omosessuali.

Mi si è aperto un mondo di fatiche, di incomprensioni…

Già trovare la terminologia giusta è un’impresa, ma ci provo. Questo mio interesse nasce dal fatto che negli ultimi tempi mi sono trovato ad accompagnare persone cristiane omosessuali, o meglio appartenenti alle comunità lgbt. E così dopo il corso ho continuato a partecipare ad una serie di momenti formativi fino alla presentazione di una scheda per il sinodo.

Devo dire che mi si è come aperto un mondo di fatiche, di sofferenze, di incomprensioni e di  ricerca appassionata di una possibile via per far sedere allo stesso tavolo coloro che hanno scelto di vivere in questo modo la loro esperienza di amore e di vita. La fatica è dei genitori, dei giovani, delle comunità cristiane.

Leggo nel documento di papa Francesco Evangelii gaudium al n° 47: “

Di frequente ci comportiamo come controllori della grazia e non come facilitatori. Ma la Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa.

Non voglio  aprire discussioni, entrare nel merito del dibattito che riconosco molto complesso. Proprio per questo motivo cerco di approfondire e capire la questione, con letture, percorsi di formazione e ascolto delle storie di vita quotidiana.

Non devo controllare la grazia ma facilitare l’incontro con la grazia

Voglio invece mettere in evidenza alcune questioni. È vero quello che dicono le due righe della Evangelii gaudium: la Chiesa non deve controllare la grazia, deve facilitare l’incontro con la grazia, deve mostrare il volto paterno di Dio.  Questo è uno dei temi fondamentali che entrano del dibattitto e nei miei incontri quotidiani: facilitare l’incontro con la grazia e l’amore di Dio e dall’altra parte far capire come si muove la Chiesa.

Devo essere sincero fino in fondo: come vorrei far capire che c’è amore di Dio e grazia che salva tutti! E come purtroppo troppe a volte incontro la fatica di far capire che tutti siamo amati da Dio.

Nelle persone omossessuali si traduce a volte in sensi di colpa, in risentimento, in paure. Nei genitori e nelle comunità a volte tutto diventa molto, troppo semplice: questo si può e questo non si può. Spesso queste persone  conducono una vita cristiana ordinaria. Eppure, la loro condizione personale (o quella di loro familiari), la vita affettiva o di coppia, sono per lo più tenute nascoste per paura dello stigma sociale e della possibile emarginazione ecclesiale.

Il rischio di confinare omosessuali e lgtb in un “limbo ecclesiale”

Una piccola minoranza trova il coraggio di rivelare la propria identità sessuale, spesso grazie a gruppi di cristiani LGBT e operatori pastorali adeguatamente formati. In questi casi, però, la pastorale ordinaria si trova sempre in difficoltà oscillando vistosamente tra un sincero desiderio di accoglienza e un disagio manifesto. E’ un disagio dovuto probabilmente a pregiudizi sociali e atteggiamenti religiosi tendenti al moralismo.

Da qui un disagio pastorale che di fatto confina queste persone in un “limbo” ecclesiale – e spesso un limbo “vocazionale” – che ferisce profondamente la loro vita personale e la loro esperienza di fede. Ritengo che serva una invocazione grande dello Spirito per imparare  ad ascoltare e vedere anche questo mondo. Me lo ripeto: omosessuali e lgbt compagni di viaggio.

Se non sbaglio queste sono le indicazioni del Sinodo. Ascoltare questo mondo mi ha fatto bene, vedere mi ha aperto gli occhi sulle frontiere della vita pastorale, sulla famosa evangelica Galilea delle genti. Ritengo importante un percorso che diventi capace di ascoltare tutte le parti e tutte le ferite e le sofferenze, senza rivendicare niente,  ma diventando facilitatori della grazia.

È per questo motivo che ho osato firmare insieme a circa 30 operatori che si occupano di pastorale lgbt, una lettera inviata al giornale  “Avvenire”, dove si chiede semplicemente alla Chiesa di guardare e di ascoltare con coraggio anche questo mondo. Lo ripeto… a me sta insegnando  moltissimo.

1 Comment

  1. Paolo ha detto:

    Grazie, don Sandro.
    Mi permetto un solo appunto.
    Il motivo da parte cattolica di tanta difficoltà verso le persone omosessuali è certamente per pregiudizi sociali e moralismo – come scrivi tu – ma anche e soprattutto per il documento che la Chiesa ha prodotto nel 1986 sull’accompagnamento pastorale delle persone omosessuali. Tale documento è un macigno sulle spalle delle persone omosessuali credenti e delle loro famiglie. Fin da subito chi si occupava di questa pastorale, ha fatto rilevare i limiti, le incongruenze, il peso di quelle parole. Ma finora non si è ancora preso posizione da parte della Chiesa per una riforma, un ripensamento di quel documento. A nulla sono valsi gli avanzamenti delle scienze umane, le interpretazioni bibliche, decenni di pastorale diretta con persone omosessuali e le loro famiglie, le perplessità di teologi e moralisti. Qualche cosa si è mosso con papa Francesco: almeno ora se ne può parlare/scrivere liberamente anche in ambito teologico. Almeno ora i documenti ufficiali della Chiesa parlano di persone omosessuali. Ma il cammino sembra ancora lungo. Non scarichiamo su altri però le nostre responsabilità.
    Fra Paolo Giavarini coordinatore de La Creta gruppo degli omosessuali credenti di Bergamo

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