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Quando non si è più uomini. Succede. Una notizia “francese” ma che è anche molto italiana. Che riguarda una minoranza, i detenuti, ma che interessa tutti.
Poi succede che si facciano dei bellissimi fuochi d’artificio. Bellissimi che però lasciano alla fine un “retrogusto” di mestizia, nonostante tutto.

La dignità perduta. Nelle carceri e altrove

Sul giornale cattolico francese, “la Croix” di ieri l’articolo di fondo lamentava la sovrappopolazione delle carceri francesi: il 145% del tasso di occupazione. E non solo: “le condizioni di lavoro estremamente faticose dei sorveglianti, assenza totale di intimità, infestazioni di ogni genere, violenze in aumento…”.

Prima reazione mia di paradossale sollievo. Noi italiani siamo in buona compagnia e la compagnia che ci consola è quella del paese della rivoluzione, quella dei diritti, della liberté-egalité-fraternité. Anche i francesi peccano per vistosa mancanza di fraternità, almeno nelle carceri. Ma, a quanto pare, non solo in quelle.

Seconda reazione: inizia una qualche forma di incipiente depressione. Le carceri dicono con drammatica evidenza quello di cui parla lo stesso articolo della Croix: una disumanizzazione banalizzata. Ma il guaio più grande, molto più grande, è che di disumanizzazione banalizzata non è solo nelle carceri. Ce n’è molta anche al di fuori e talvolta più banalizzata che nelle carceri. Anche oggi dei barconi sono arrivati a Lampedusa e non solo e molte bombe sono cadute in Ucraina e non solo. 

Inoltre, sempre l’articolo della Croix, cita un’affermazione precedente di Roberti Badinter, già guardasigilli francese: “L’opinione pubblica non può ammettere che un detenuto abbia una vita migliore rispetto al lavoratore libero più sfavorito”. Ovviamente, commento ovvio mio, il confronto non lo si rende accettabile mantenendo basso il livello dei detenuti, ma innalzando quello e dei detenuti e dei lavoratori liberi più sfavoriti.

Conclusione dell’articolo: “Detto in altri termini, interrogando la disumanizzazione delle condizioni di detenzione dei nostri detenuti, è lo stato di salute del nostro modello democratico e la sorte di ciascuno dei nostri concittadini che noi andiamo valutando”. Elementare. 

L’odore di polvere da sparo dopo i fuochi di artificio

Sono le 21.40. L’altro ieri sera. Ho sbirciato dalla finestra per vedere gli spari dei fuochi d’artificio per la festa dell’Apparizione in Borgo Santa Caterina. Ho ammirato soprattutto le esplosioni finali. Dopo tanti colori e tante esplosioni, nell’aria stazionava un odore acre di polvere da sparo e una coltre di grigio che quasi cancellava il profilo notturno della Maresana.

Mi è venuta spontanea una banale riflessione moraleggiante. Fuochi così belli e così fragili. Come tutte le cose belle. Quello che resta non ha nulla della bellezza di quello che è stato. Anzi, sembra impegnarsi a farlo rapidamente dimenticare.

Dei colori smaglianti e dei disegni fantasmagorici delle raggere luminose è rimasta solo la puzza della polvere da sparo.

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