
La stampa politica e d’opinione, non solo italiana, ha recentemente gratificato la nostra Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, col titolo di leader occidentale più forte. E la gente applaude e la destra esulta come di una medaglia al valore governante.
Cerchiamo di intenderci. È vera forza? O è grinta? La grinta, o qualche suo sinonimo come aggressività o simili, è un dato caratteriale di chi reagisce di fronte agli avversari o alle avversità per affermare la propria personalità. La forza è una virtù e come tale è quella decisione forte e resistente che si dispiega per realizzare un fine buono nonostante le avversità. È il fine buono che la determina come virtù, non il solo atto della reazione risentita. Lo so: in epoca di incertezza e di liquidità, è facile confonderle e che si consideri una virtù ciò che è solo un dato caratteriale o istintuale. Per questo si crede che avere un Governo forte significhi avere un governo che sa decidere alla svelta e senza dubbi, indipendentemente da che cosa decide.
Già Platone, uno dei fondatori della nostra cultura, diceva che una passione diventa virtù se si mette al servizio della legge
Ogni virtù – diceva già l’etica antica -, se non vuol essere fredda cerebralità, ha alla sua base un pathos, una passione che stimola le energie vitali e dà slancio (o cuore) alla stessa razionalità. Platone diceva che la forza intesa come passione (pathos) è tipica dell’anima irascibile, cioè di quella che cerca l’onore e la gloria, non l’interesse e nemmeno la razionalità. Ma quando questa passione vuole diventare virtù della forza o, meglio, della fortezza, deve mettere la sua natura al servizio del giusto e del buono.
In questo senso, per Platone, in uno Stato la forza è la passione di resistenza messa al servizio della preservazione della legge: essa è specifica delle forze che difendono lo Stato. E diventa virtù quando assume il colore della legalità: cioè quando i guardiani dello Stato, “persuasi dall’educazione – morale e civile -, assorbono nel modo più alto possibile le leggi come un colore, affinché questo diventi indelebile sia nelle situazioni critiche sia nelle altre” senza che si “slavino le tinte […] Una simile capacità di preservare, in ogni circostanza, una retta e legale concezione nelle situazioni, più importanti e non importanti, io la chiamo e la assumo come ‘fortezza’” (Repubblica, IV. 430AB).
È questa la forza che è premiata dai titoli e che piace alla gente oggi, o basta il guscio passionale della grintosità? Come avviene spesso verso certi docenti che la gente tende a considerare bravi perché sanno ‘tenere in pugno la classe’, indipendentemente da che cosa dipenda questa loro capacità: se dalla competenza scientifica e didattica o solo dal pugno duro disciplinare.
Il governo viene tenuto insieme con molti, troppi contentini distribuiti a tutti
La nostra leader – dicono – sarebbe forte perché sa tenere unito il suo Governo. Ma con fortezza o con grinta? Quando l’unità non si raggiunge con la buona ragione, ma si concede ad un alleato un contentino e ad un altro un altro e ad un terzo un altro ancora, magari diversi tra loro e confliggenti (come ad es., l’accentramento del potere nel premierato e l’autonomia differenziata, nello stesso tempo; l’inasprimento di certe pene e il condono agli evasori), si mette la grinta al servizio della ragione o si ha in mente una tattica per preservare un Governo? Si ha l’impressione che siamo di fronte ad un Governo che pretende di essere giudicato forte in quanto stabile, non ad un Governo che è stabile perché ha la fortezza della scelta giusta.
Ma ancora: la nostra Presidente tiene insieme entità così diverse né con la razionalità delle buone leggi né solo con diversi “contentini”, ma con lo spauracchio dello scioglimento delle Camere. A questa paura si inchinano oggi troppi deputati, che sono eletti in quanto scelti da un gruppo di potere che li impone e dequalificati professionalmente (compresi ministri senza arte né parte), perché così risultano più ricattabili. È la paura di essere mandati a casa e di essere restituiti al nulla della incompetenza che fa oggi la stabilità del Governo; e che produce la forza della leader, insieme con la debolezza della politica. Stabilità senza virtù può essere semplicemente ostinazione o clientelismo. Il buon governo diventa solo una variabile indipendente del governare.
Il governo Meloni forte in Europa? Sì, ma forte perché gregario dei forti
Però la nostra leader – si obietta – risulta “forte” anche in Europa. Ma perché? Per le idee autorevoli che sostiene o per la posizione di sudditanza che assume verso i più forti facendosene gregaria? Ha dato all’Italia un suo ruolo effettivo da svolgere o va a rimorchio di qualche forza trainante che sta altrove?
Lo vediamo nel ruolo che il nostro Governo assume ufficialmente nel contesto delle guerre in corso, dove esso cerca forza facendosi semplicemente gregario dei forti. Non certo facendosi promotore di pace, perché gli sta più a cuore accondiscendere i potenti non rispettare la fortezza ideale della nostra Costituzione. E diventa forte con i deboli, per nascondere che è debole con i forti. Un tempo questi tipi di chiamavano Maramaldi.
In queste condizioni anche il linguaggio cerca forza non nell’argomentazione razionale, ma nell’aggressività verbale. Con questa forza verbale la nostra Presidente vuole trasformare la contesa politica in un continuo referendum su se stessa non sulle sue decisioni politiche.
È fortezza o grinta l’atteggiamento deciso verso i migranti? La grinta divide come l’istinto della pancia, la fortezza è inclusiva come la ragione: non cerca l’impossibile, ma le ragioni d’una prossimità utile a tutti, a chi accoglie e a chi è accolto. La vera forza o fortezza non è autosufficiente e sa che, se si rompe la solidarietà verso gli altri, prima o poi ma sempre di più, si appanna la solidarietà verso i più vicini e si resta soli.
Il neonato di Betlemme è potente nella sua debolezza ‘da bambino’
Noi vorremo, insomma, che nell’uomo e nella donna di Governo la forza caratteriale si sommasse alla buona decisione, non che imponesse una qualche decisione. Che cercasse il dialogo, che è l’essenza del regime parlamentare; non che considerasse il Parlamento un intralcio alla decisione. La nostra Costituzione ha la fortezza della mitezza: non vuole capi né tantomeno soli al comando, ma apre le porte al dibattito perché si trovi insieme la soluzione più utile e buona. Dove la decisione scaturisca dalla persuasione e dia origine alla concordia.
Questo tempo natalizio ci fa vedere, in ben più alta prospettiva, la fortezza della mitezza, quella che salva. È una forza onnipotente eppure umile e unificante; è signora degli eserciti, e però viene ad instaurare la pace; è ricca ma va verso i poveri; può dare tutto a tutti, ma gode di ricevere da altri; è potente nella sua debolezza ‘da bambino’.
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