Nel suo breve articolo Rocco Artifoni accusa il centro-sinistra di agitare strumentalmente contro il centro-destra l’appello al voto utile, “anche per non mettere a rischio la Costituzione”.
In realtà, sottolinea l’Autore, tanto il centro-destra quanto il centro-sinistra hanno prodotto “tentativi di radicali modifiche della Costituzione”, cioè, hanno “messo a rischio” la Costituzione.
Si tratta qui della versione italiana – non saprei quanto consapevole- dell’originalismo, che sta accendendo il dibattito politico e costituzionale in questo periodo negli USA: il testo costituzionale deve essere solo interpretato, rimanendo fedeli alla “testualità” e alla “intenzionalità” dei Padri costituenti. Le conseguenze conservatrici e talora reazionarie, relativamente, in particolare, ai diritti civili, soprattutto dei neri, e alla questione dell’aborto già si stanno vedendo. Questo fondamentalismo, evidentemente ispirato dal principio luterano-calvinista del “sola Scriptura”, impedisce di prendere atto che le Costituzioni – quella italiana compresa – sono il frutto di culture, interessi, conflitti, storicamente determinati e perciò in evoluzione.
La metafisica occulta – ma non troppo – di Rocco Artifoni è che la Costituzione sia immodificabile.
E’ proprio così? Dipende!
I Principi fondamentali (artt. 1-12) e la Prima parte (artt. 13-54, relativa ai “Diritti e Doveri dei Cittadini”) sono la sintesi delle tre culture politiche fondative della storia dell’Italia unita: il Cattolicesimo liberale e sociale, il Socialismo nelle due versioni, socialista e comunista, il Liberalismo/Azionismo. La Parte II (Artt. 55-139, che riguarda l’Ordinamento della Repubblica).
Questa parte della Costituzione è stata elaborata dentro una catena di circostanze più corta, fortemente surdeterminata dal quadro internazionale – la cortina di ferro e lo scontro tra Democrazie liberali e totalitarismo comunista – e dal quadro nazionale: 8 settembre, disfacimento dello Stato politico e di quello amministrativo, la Resistenza, la divisione del Paese, la guerra civile…
Il primato dei partiti fu consacrato, nella Seconda parte della Costituzione, come incarnazione e approdo della statualità universale. Il sistema dei partiti, che un costituzionalista cattolico, Giuseppe Maranini, definirà ben presto “partitocrazia”, progettò un ordinamento istituzionale, nel quale i cittadini erano chiamati a votare i deputati e poi rimandati a casa fino alle prossime elezioni.
Le istituzioni – le Camere, la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio – erano controllate direttamente dai leader di partito. Mentre i governi incominciarono a cadere ogni nove mesi, la politica divenne monopolio dei partiti-associazioni private, senza regolamentazione pubblica. Corruzione, inefficienza, governi deboli furono il prodotto di quel sistema costituzionale/istituzionale. Quando ne caddero le condizioni storiche, nel 1989, i cittadini chiesero tumultuosamente un cambiamento. L’incapacità/impossibilità dei partiti di offrirlo generò la primitiva reazione populistica di Berlusconi e della Lega. Il fallimento della Commissione Bicamerale generò il M5S.
La Bicamerale aveva prospettato unanimemente due modifiche sostanziali: l’elezione dei deputati in Collegio uninominali a turno unico e l’elezione diretta del Capo dello Sato. Grosso modo: il sistema semipresidenziale francese. Ma Berlusconi, Bertinotti e D’Alema fecero cadere la proposta. Infatti, riconoscere agli elettori il potere di scegliere Governo e Deputati voleva dire toglierlo agli apparati di partito. Tanto quelli vecchi quanto quelli di nuovo conio rifiutarono un tale esito. Ci riprovò Renzi, grosso modo. Ma la destra e una quota della sinistra si opposero, sempre per le stesse ragioni. Il semipresidenzialismo va bene solo se sono sicuro di vincere.
Eppure, dovrebbe essere ormai chiaro che una democrazia perfetta nel rappresentare, ma imperfettissima nel governare è una democrazia a rischio populismo. La democrazia deve essere rappresentante e decidente. Può farlo se riconosce ai cittadini-elettori il diritto di scegliere direttamente rappresentanti e governanti.
Conclusione: per non mettere a rischio la Costituzione sarebbe ora di por mano alla sua Seconda parte.