Il passato che non passa e il perdono che non c’è

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Riflessioni a lato di una recente polemica politica

Fratelli d’Italia, MSI, fascismo e dintorni

Nei giorni scorsi è scoppiata una polemica che fatica a spegnersi. La notizia, dal “Corriere” dello scorso 28 dicembre:

Dopo la sottosegretaria alla Difesa Isabella Rauti — figlio di Pino, che del partito fu segretario — e nonostante le polemiche, anche il presidente del Senato Ignazio La Russa ha voluto ricordare i 76 anni della nascita del Msi. Certamente orgoglioso della sua militanza a destra, lui — che è tra i fondatori di Fratelli d’Italia — su Instagram ha celebrato l’anniversario «nel ricordo di mio padre, che fu fra i fondatori del Movimento sociale in Sicilia e che scelse con il Msi per tutta la vita la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee rispettose della Costituzione italiana»”.

E, dopo la sortita di La Russa, la consueta, prevedibilissima  “valanga di proteste”, come la definisce lo stesso Corriere. 

Il difficile rapporto con il nostro passato

Intrigante questo difficile ritorno al passato. Si deve tornare al passato perché nasciamo tutti da un passato che ci ha preceduto. Ma nel passato c’è di tutto e, soprattutto, c’è quello che, da allora a oggi, abbiamo cambiato, arricchito e perfino abbandonato. Il nostro presente nasce dal passato ma, nello stesso tempo, lo rinnega.

Il rapporto con il nostro passato oscilla così tra il ricupero e il superamento, l’esaltazione e il rinnegamento. Di solito si sceglie o l’uno o l’altro (La Russa, per la verità sceglie la celebrazione del passato ma cerca di impacchettarla con una carta alla moda: Il MSI diventa portatore di idee rispettose della Costituzione ma il presidente del Senato dimentica che il MSI era, in realtà, erede del fascismo. La Russa finisce per scegliere ma sforzandosi di dare l’impressione di non scegliere). Si sceglie, dunque, o l’uno o l’altro atteggiamento e abbiamo, come conseguenza, le grandi linee di politica che vivono il presente soprattutto ricordando il passato e altre che lo vivono soprattutto superandolo. Con un’infinità di sfumature, ovviamente. 

Il perdono, l’introvabile “battesimo del passato”

C’è la proposta cristiana circa il rapporto di ogni persona con il proprio passato (altro il discorso con il passato collettivo, discorso più complesso per evidenti ragioni). Soprattutto è interessante il rapporto con il passato negativo: il proprio peccato. Il messaggio cristiano mi dice è possibile essere perdonati. In altre parole: è possibile recuperare positivamente il proprio passato negativo. Ed è possibile partire da questo ricupero per vivere da gente stabilmente perdonata, che non torna al passato che pesa, ma al passato alleggerito dal perdono. Per questo Gesù congeda i peccatori perdonati con l’invito: “Vai e non peccare più”. 

Si potrebbe dire, sinteticamente, che il perdono è il battesimo del passato. Il battesimo, proclama la liturgia, “cancella” il male, il peccato, anche quello nel quale ci troviamo per il solo fatto di entrare nella umanità segnata dal male: quello che si chiama “peccato originale”. Tutto viene cancellato e si rinasce, nuovi “come bambini appena nati” (così la prima lettera di Pietro 2,2): si vive, dunque, in qualche modo, il proprio Natale. Fascino del battesimo come Natale e, quindi, del perdono come battesimo e, di conseguenza, come Natale del passato. Splendida catena simbolica (mi viene in mente il meraviglioso titolo di un libro di poesie di Mario Luzi: “Per il battesimo dei nostri frammenti”). 

Il passato pesa perché non c’è perdono. E non c’è perdono perché non si trova chi perdoni definitivamente

Nasce, alla fine, una domanda, anzi una serie di domande impegnative. La cultura nella quale viviamo fatica, dunque, a ricuperare il passato. Ma questa difficoltà non dipende forse dal fatto che questa cultura non dispone – o dispone poco – dell’idea di perdono? E, domanda successiva: non è che questa cultura non dispone dell’idea di perdono perché non dispone – o dispone poco – dell’idea di qualcuno capace di perdonare davvero, autorevolmente, definitivamente?

Sì, è vero, noi umani ci perdoniamo a vicenda, qualche volta e con fatica. Ma i nostri perdoni sono fragili: crollano facilmente e non durano. Così, tutto potrebbe essere ricondotto allo smarrimento di un legame fondante con un “Padre” che perdona a prescindere, che perdona anche chi non merita di essere perdonato… Viviamo una versione moderna e deprimente della celebre parabola evangelica del figliol prodigo. Siamo fuggiti dalla casa del Padre perché volevamo essere liberi. Alla fine, ci siamo ridotti a pascolare maiali. Potremmo tornare alla casa e al Padre che abbiamo abbondonato, ma siamo andati troppo lontano e abbiamo dimenticato il tragitto del ritorno. 

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