L’assassino di Stefania Rota, trovata morta nel suo appartamento di Mapello, il 21 aprile scorso è probabilmente Ivano Perico, 61 anni. Dall’Eco di Bergamo: “E’ cugino della morta, incensurato, vive con moglie, figlia e anziana madre nella casa accanto a quella di Stefania… E’ accusato di averla uccisa l’11 febbraio scorso e di aver subito buttato nella spazzatura cellulare, borsa, portafogli e chiavi di casa della parente, ma di aver volutamente spostato per due mesi la Ford Fiesta blu di Stefania per fingere che fosse ancora in zona”. Il Corriere di Bergamo annota: “Davanti ai carabinieri ha ammesso di aver ucciso la cugina”.
“Viveva una vita tranquilla con la sua famiglia”. “Una persona normale”
Si sa di lunghe e ripetute telefonate tra Perico e Stefania e si è in attesa delle analisi di Whatsapp per eventuali messaggi. Ivano Perico non telefona più dopo l’11 febbraio, giorno della morte di Stefania. Il movente del delitto? “Il sospetto è che tra i due cugini vi fossero dissidi di natura economica, forse per la gestione di alcune proprietà in comune”. Gli spostamenti dell’auto avvenuti dopo che la donna era già morta e la coincidenza degli spostamenti con quelli del cellulare di Ivano Perico hanno portato all’arresto.
Meraviglia da parte dei conoscenti: Il sospetto assassino “viveva una vita tranquilla con la sua famiglia”. “Una persona normale, sempre distinta e con il quale ala bar si parlava di tante cose”.
Vengono in mente tante suggestioni. Qualcuno degli intervistati ha messo in rapporto il caso di Stefania Rota con quello di Yara Gambirasio e Bossetti. Mapello era stato coinvolto in alcune indagini anche allora. Come a dire che il sogno nostalgico delle nostre “belle contrade bergamasche” è sfumato, da tempo. Per la verità di violenza ce n’era anche nelle belle contrade di un tempo, ma forse più diradata e certamente meno “chiacchierata” anche perché l’informazione era molto meno intensa e molto meno invasiva. Adesso la violenza c’è, dappertutto e si sa che c’è. L’albero degli zoccoli è morto. L’assassino può essere un vicino di casa.
L’assassino è il vicino di casa
Il che rimanda a un tema nobile, più volte ribadito: “il male” è banale. Come non ricordare il saggio famoso di Hanna Arendt e il suo Eichmann a Gerusalemme: resoconto sulla banalità del male ? Come noto, è il diario dell’autrice, inviata del settimanale New Yorker, sulle sedute del processo ad Adolf Eichmann, il gerarca nazista. Certo, a Mapello non c’è il nazismo e Ivano Perico non è Adolf Eichmann. Ma c’è questo tratto comune: la banalità del male, apputno: il vicino di casa è un assassino e la vicina, così riservata e taciturna, è stata massacrata.
Poi si nota un altro tratto in tutta la vicenda. L’assassinio, l’assassino e la sua scoperta si intreccia con cellulari, automobili, telefono. In questo senso è una vicenda “moderna”. Senza cellulare, probabilmente, Ivano Perico non sarebbe stato scoperto. Anche in questo senso la violenza diventa un momento della vita e ne porta i tratti distintivi. Paradossalmente anche la violenza è “moderna”.
Una verità, essa pure banale: il male non sta nel cellulare ma in chi lo usa
Ma questo conferma il carattere “banale” della violenza e del male. Il cellulare, che ci permette una meravigliosa ubiquità per parlare e parlarci fino in capo al mondo, permette anche di intessere, ovunque e con chiunque, trame violente e perfino di progettare assassini.
Il che porta a una conclusione, in qualche modo banale anch’essa: il male non sta nel computer o nel cellulare, ma in chi lo usa. E la grande scommessa non sta nell’avere molto ma nell’usare bene il poco o il molto che si ha. Le verità più “banali” sono, anche e spesso, le più dimenticate. E il fattaccio di Mapello, con i suoi cellulari, ci aiuta a ricordarcele.