Il corpo, le sue cicatrici, la sua storia

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Il nostro corpo si porta appresso i segni che in qualche modo raccontano la sua storia.
Le rughe profonde del volto di Madre Teresa di Calcutta dicevano molto della sua vita.
Oggi si ripete la storia di Dorian Gray: apparire sempre giovani

Don Alberto Carrara ha scritto nell’articolo dell’11 settembre: “Il corpo è, visto così [ossia con le cicatrici], un libro aperto che racconta una storia, la nostra storia.”

Il corpo parla. E ricorda

Il nostro corpo, in particolare il nostro volto, esprime infatti  in modo diretto e immediato sia il nostro vissuto sia la nostra presente identità. In tale ambito, seppure con i dovuti distinguo, si potrebbe includere anche la pratica del tatuaggio, così diffusa in alcuni ambienti soprattutto giovanili. E’ il nostro corpo che parla.
Nell’attuale diffuso sentire, le cicatrici, le rughe, i segni del tempo, sono senz’altro associati ad immagini negative: alla vecchiaia, alla sofferenza, alla decadenza, alla corruzione del corpo, il tutto quale frutto dell’inesorabile, tremendo, trascorrere del tempo. 

Le cicatrici ricordano ferite e infortuni, ma anche operazioni riuscite e guarigioni

Vorrei invece provare ad affrontare questi segni da un altro punto di vista: infatti, una cicatrice può essere sì il segno indelebile di un infortunio, di un incidente, di un intervento chirurgico e quindi di una malattia, di un trauma e di una sofferenza, ma, per contro, anche di una positiva guarigione, della fine di un male sofferto, del superamento di una prova impegnativa,  di resilienza, di ritorno alla vita. Cristo stesso, la sera di Pasqua, appare ai suoi nel cenacolo e si fa riconoscere mostrando loro le mani e il fianco e, otto giorni dopo, invita l’incredulo Tommaso a toccare con mano le ferite: è anche attraverso i segni cruenti della passione che viene proclamata la vittoria della vita sulla morte.

Riflettendo sulle rughe, vi viene spontaneo richiamare alla mente il volto radioso di madre Teresa di Calcutta: quel suo viso profondamente solcato dalle rughe, quasi incartapecorito, e quelle mani nodose, sono i segni evidenti di una vita laboriosa, senza risparmio di fatiche, totalmente dedicata al Signore e ai più poveri tra i poveri, ma anche di una vita piena, ben vissuta, santamente vissuta; e quegli occhi, quello sguardo così sereno, gioioso, pacato, e allo stesso tempo energico, vivace come non trovi in tanti giovani in quella che dovrebbe essere l’età del vigore psico-fisico.

Le rughe come le cicatrici, quindi, non dicono solo quanto siamo vecchi, ma possono esprimere anche come siamo vissuti e soprattutto chi siamo.

Apparire giovani. Anche quando non lo si è

Eppure la cultura dominante ha imboccato un’altra strada: si sforza in ogni modo di cancellare i segni e le ingiurie del tempo, insensibile all’essere e ossessionata dall’avere, dove l’importante è sembrare giovani, anche se non lo si è, in piena salute, belli, attivi, efficienti, anzi soprattutto efficienti. Il narcisismo pare essere una nevrosi emblematica del nostro tempo.

Ecco allora che appare antesignana la vicenda di Dorian Gray ambientata nella Londra di fine Ottocento. Nel noto romanzo di Oscar Wilde, il protagonista ottiene il privilegio di rimanere sempre giovane, bellissimo nelle sembianze esteriori, anzi finisce per utilizzare la sua incorruttibile bellezza per compiere ripetute azioni malvagie (portando, tra l’altro, al suicidio la giovane Sybil),  mentre il suo ritratto, ormai ben nascosto in soffitta, assume gradualmente, in sua vece, sembianze spaventose mostrando non solo un corpo che invecchia ma anche l’espressione, il ghigno, di una terribile decadenza morale. Oscar Wilde non esita a smascherare, con le avventure e il tragico epilogo della vicenda di Dorian Gray, non solo la falsità di una bellezza esclusivamente esteriore, materiale,  ma anche la corruzione etica a cui porta una vita improntata all’insegna dell’edonismo puro. 

La bellezza della chirurgia estetica. La sorprendente bellezza di madre Teresa e del Condannato del Golgota

Qui ci possiamo chiedere quale tipo di bellezza oggi si presenti più affascinante: la bellezza, ad esempio di tanti personaggi dello spettacolo, frutto di chirurgia estetica, artefatta, che rende i visi giovani ma piatti e inespressivi (pare oggi che la chirurgia estetica sia una tra le più redditizie branche della medicina!), o quella di tante persone anziane che naturalmente, sinceramente, mostrano un vissuto unico e personale, esprimendo una profonda bellezza interiore: bellezza interiore che tuttavia non può che diventare anche vera bellezza esteriore, come appunto il volto di madre Teresa. 

Mi sono chiesto: “Ma possiamo dire che il volto di Cristo crocifisso è bello?” Mi sono dato una risposta sicura: Si possiamo, perché è bello, profondamente bello!

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