Una copia del Corano viene pubblicamente bruciata a Stoccolma. Il gesto ha grande risonanza mediatica; provoca assalti ad ambasciate, crisi diplomatiche.
Si riacutizza lo scontro tra libertà di espressione e blasfemia.
Bruciare un libro ha un forte significato simbolico; è un rito estremo, una forma di comunicazione violenta che vorrebbe essere definitiva, l’esorcismo di un’idea. Fagocita odio, rinforza barriere d’incomprensione. Il fuoco diventa catarsi purificatoria… Ma sotto la cenere le idee restano intatte: a volte resta anche odio.
ll rogo di libri ha ispirato due opere che Claudio Parmiggiani ha installato nel 2010 a Bologna nella chiesa di San Giorgio in Poggiale che, già sconsacrata dall’età napoleonica, poi bombardata, dopo un lungo abbandono, é ora trasformata in biblioteca.
La prima opera di Parmiggiani, di assoluta enigmatica semplicità, sorge al centro dell’abside dove una campana è collocata su una pila di volumi bruciati.
I libri, erosi dal fuoco, sono ordinatamente disposti in forma di cubo, come a evocare una faticosa costruzione razionale. I libri, strumenti per comunicare oltre il tempo e lo spazio, sono resi muti testimoni di messaggi rimossi.
La campana di bronzo ha una duplice e opposta valenza. Per un verso blocca le pagine lambite dal fuoco come a impedire che possano disperdersi, diffondendo ancora frammenti di messaggi evocando lugubri rintocchi d’inquisizione.
La campana però è l’atavico strumento del richiamo alla festa; ha segnato per secoli la presenza e la vita di una comunità. Qui, anche se rimossa dalla sua torre, a condizione che qualcuno lo voglia, può ancora suonare, ridare anima, convocare intorno a nuove idee.
Il fuoco ha consumato la carta, non il bronzo.
Il titolo “Campo dei fiori” è implicita dedica a Giordano Bruno. Accusato di eresia e condannato al rogo, fu bruciato in Campo dei Fiori a Roma il 17 febbraio 1600 insieme ai suoi libri accatastati in una distinta pira. Il fuoco però non è riuscito a consumare il suo libero pensiero.
La seconda opera di Parmiggiani è un “affresco” realizzato con il fuoco sulle pareti della conca absidale.
Al muro imbiancato furono fissate scansie riempite di libri destinati al macero. L’abside fu isolata dal resto dell’edificio e al suo interno furono bruciati copertoni in modo che il denso fumo si depositasse sulle pareti bianche. Dopo l’incendio scaffali e libri vennero rimossi; sui muri dell’abside rimane la loro impronta fatta di fuliggine: presenza di un’assenza.
Il fumo tossico emesso dal fuoco dei copertoni ha creato una decorazione di struggente bellezza con segni che interrogano il pensiero.
Le impronte sull’abside realizzano un palinsesto muto che non racconta; evoca trascorsi amori per i più vari saperi, il fascino del comunicare, la forza del pensiero che né fuoco né tempo possono annientare; non dice cosa e come, è un sermone “delocato” intorno alla “sapienza”, oltre le contingenze della storia.
In quella che fu la chiesa di San Giorgio in Poggiale libri bruciati diventano icone, non immagini di assenza ma sfide all’ignavia, all’oscurantismo, all’ intolleranza.
Il luogo di preghiera è diventato luogo di studio: forse tra preghiera e studio c’è qualche relazione.
Claudio Parmiggiani (Luzzara 1943) è un artista difficile da classificare, tra arte povera e arte concettuale. Crea opere di profonda valenza simbolica intorno ai temi del tempo, tra memoria del passato e incombere del presente. Le sue opere tendono ad essere sculture d’ombra, immagini di assenza. Coniuga profonda spiritualità con radicale materialismo. Nel 2013 ha realizzato la “Porta filosofica” per celebrare i mille anni del Sacro Eremo di Camaldoli.
Osvaldo Roncelli