Ci hanno riferito che in una parrocchia della Bergamasca, esattamente Ossanesga, comune di Valbrembo, il parroco ha preso una decisione singolare. Ha incaricato una bambina di distribuire la comunione ai fedeli durante una messa. Il parroco ha giustificato la sua decisione: la bambina, ha detto, e “più pura di tanti altri”. La notizia aggiunge anche che alcuni fedeli della parrocchia hanno reagito e hanno deciso di riferire la cosa alla curia. Ci dicono fonti sicure che la curia è effettivamente intervenuta.
Partiamo dalla convinzione scontata che il parroco ha agito con le migliori buone intenzioni del mondo. Ci mancherebbe. Ma le buone intenzioni non sono sufficienti. Si dice che Madame Roland, una delle tante vittime del Terrore della Rivoluzione francese, poco prima di salire sul patibolo, abbia pronunciato la frase famosa: “Libertà, quanti crimini si commettono nel tuo nome!”. Se, dentro la Chiesa, alla parola “Libertà” si sostituisse la parola “liturgia” la frase non farebbe una piega. In nome della cosa buona che è la liturgia molta gente, molti preti soprattutto, hanno messo in scena le cose più stravaganti, più urtanti: liturgicamente parlando, dei “crimini”. Temo – temo: anche se non posso essere sicuro – che il fatto di Ossanesga si candidi a pieno diritto per entrare nella lista.
Intanto parto da una mia personalissima fissa: Chi ha deciso? Non è cosa secondaria. A Ossanesga esiste un consiglio pastorale? E’ stato coinvolto? Spero, spero vivamente, che la cosa non sia stata decisa soltanto dal parroco. Quando si tocca la messa e la si tocca in maniera così vistosa, bisogna andarci piano. Detto in altri termini: il popolo di Dio va rispettato e non lo si educa a pugni nello stomaco. E va rispettato, almeno, chiedendo ai suoi rappresentanti che cosa pensano di una novità così dirompente.
Poi, in merito alla scelta. Nella Chiesa i ruoli, liturgici e pastorali, vengono scelti sempre con il criterio decisivo del servizio. Si incarica qualcuno di fare quella tal cosa a favore della comunità cristiana. Servizio, appunto, non premio per meriti personali. Strano, quindi, che si indichi la “purezza” della bambina per giustificare di averla scelta a ministro dell’Eucarestia.
Un criterio così fa nascere, infatti, una marea di domande: è sicuro che quella bambina è “pura”? E se ci fosse qualcuno di più puro di lei? E gli adulti sono tutti impuri e proprio soltanto perché adulti? E poi: che cosa si intende con la parola “purezza”? Con la speranza che la purezza non abbia a che fare solo con affettività e sessualità, ma anche con generosità, impegno, apertura, entusiasmo… mi domando, per fare un esempio: Noi preti, siamo proprio sicuri di essere tutti “puri”? E quindi siamo sicuri di essere all’altezza per celebrare l’eucaristia? Temo che se questo criterio dovesse essere dominante, dovremmo chiudere rapidamente bottega (un mio scanzonato amico cui confido questo dubbio mi dice: vuoi vedere che la vostra categoria sta crollando di numero e di prestigio proprio perché non siete “puri”? E lasciando sempre aperta, va da sé, la questione di che cosa si intenda per “puro”…).
D’altronde mi consolo tornando là dove tutto deve tornare. Gesù ha scelto dodici amici e li ha chiamati “apostoli”. Se una cosa si può dire degli apostoli è che non sono affatto dei “puri”. Con tutto il rispetto, si intende. Pietro, il capo, è un galileo testardo che non vuol saperne di un Messia destinato a morire in croce e si becca i rimproveri aspri di Gesù (che, proprio per questo, lo chiama “Satana”, a un certo punto), i fratelli Giacomo e Giovani sono due arrivisti che vogliono sedere uno alla destra e uno alla sinistra nel “regno” che Gesù sicuramente fonderà e mandano avanti la madre per fare le raccomandazioni del caso, poi c’è Simone chiamato “zelota”, probabilmente un ex-guerrigliero, poi c’è Matteo, il pubblicano, quindi malfamato perché ladro e collaborazionista con i Romani, poi Giuda, quel sant’uomo… I vangeli raccontano anche che, a un certo punto, i dodici litigano fra di loro per stabilire che è “il più grande”.
E’ evidente: i dodici sono diventati apostoli non perché “puri” ma perché scelti, a prescindere. Non sono buoni loro, ma è buono colui che li ha scelti.
E poi, per i bambini, Gesù li ama, li abbraccia, li benedice, chiede “lasciate che i bambini vengano a me”, dice che a chi scandalizza i piccoli, bisognerebbe legargli al collo una macina da mulino e gettarlo in mare. Ma non nomina i bambini suoi apostoli.
Per concludere. Un gesto del genere fa nascere un ultimo, inquietante sospetto che va al di là, lo ripeto, delle stesse buone intenzioni di chi lo ha deciso.
La Chiesa sta perdendo, da diverse parti, la faccia. I gesti spettacolari, più spettacolari sono più danno la sensazione di volerla salvare, la faccia. Ma è una strada sbagliata. La bambina ci ha perso perché le hanno chiesto una cosa più grande di lei. E ci ha perso la Chiesa che ha dato l’impressione di usare una bambina per rifarsi il trucco a poche spese.
1 Comment
i consiglio pastorale ??? per la maggior parte dei casi una buffonata . va fatta una profonda e seria revisione del diritto canonico , il parroco ha sbagliato o a fatto bene non so ,,,ma ha fatto semplicemente quello che vuole come la maggioranxa dei parroci ,alto che consiglio pastorale o peggio consiglio degli affari economici .tutte sciocchezze il parroco decide ed e’ lui il principe della parrocchi, puo di fatto lasciare centinnaia di migliaia di debiti se non addirittura milioni sulle spalle dei sucessori ,poi ci si lamneta che la gente non “va in chuiesa” e fa bene la magiorenza di voi preti si deve solo vergognare