Si fa pubblicità a Gesù

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Si fa pubblicità a Gesù

Una delle immagini della campagna pubblicitaria USA

Succede negli USA.
“Gesù è uno di noi” dice una costosissima pubblicità.
Ma quale idea di Gesù passa attraverso questo annuncio pubblicitario?

Iniziativa molto “americana”

Leggiamo dal sito del Corriere.

La campagna — costosissima: cento milioni per pochi secondi in onda — è finanziata da una fondazione del Missouri: la Servant Christian Foundation. Lo scopo: arginare la perdita di fedeli

Gesù il ribelle, Gesù che si sottomette al giudizio degli uomini, Gesù che socializza e sa divertirsi con gli amici. È un Gesù in bianco e nero raccontato nei suoi aspetti più umani quello che appare da mesi negli spot pubblicitari della campagna «He Gets Us» (Gesù ci capisce, è uno di noi) trasmessi dalle reti televisive delle principali città americane: messaggi diventati virali su YouTube e che alla fine della prossima settimana raggiungeranno la più vasta platea degli Stati Uniti: quella del Super Bowl

E’ una notizia del genere su cui è finanche troppo facile scegliere da che parte stare. E soprattutto è facile per noi, gli addetti ai lavori. Che orrore Gesù e la sua vicinanza all’uomo comunicata via TV come una qualsiasi banale pubblicità. Vero. Ma, appunto, troppo vero e vale la pena tentare comunque di capire.

L’iniziativa americana è molto americana. Il rischio che le discussioni hanno già denunciato è quello di parlare, sì, di Gesù ma di svuotarlo, proprio nel momento in cui se ne parla. 

La predicazione cristiana più impegnata, la più pura, insiste sul carattere personale che il rapporto di fede deve mettere in atto. Credere in Gesù non significa avere una qualche idea su di lui, ma intessere un rapporto personale, impegnativo con lui. Per cui diventano fondamentali alcune esperienze significative del credente: la preghiera, i sacramenti, i rapporti comunitari, la Chiesa. La fede, insomma, deve “prendere carne”. O è viva, così, o non è. 

Il Gesù della TV e quello del Vangelo

Immagine della pubblicità USA. “Gesù era un rifugiato”

Ora è proprio tutto questo che fa lo specifico della fede che è esattamente la parte più in crisi della esperienza cristiana di oggi. O sono disattesi, come i sacramenti (vedi alla voce “partecipazione alla Messa”), come la stessa appartenenza alla Chiesa che si sta sempre più assottigliando… Oppure sono ridotti a essere pratiche rigorosamente personali, che dicono molto più dell’attore che le fa che non del destinatario cui dovrebbero essere dirette. Molti uomini e donne moderni pregano. Ma è una preghiera che dice molto più dell’uomo che di Dio e di Gesù. 

Questa pubblicità accentua lo svuotamento della fede, più che arginarlo

La pubblicità americana su Gesù difficilmente mira a incrementare la pratica sacramentale o l’appartenenza a una Chiesa. Semmai potrebbe, proprio negli USA, portare acqua a un mulino che ne ha già molta: quello della fede “fai da te” o della fede dei grandi telepredicatori, sulla quale è lecito avere più di un dubbio, legata come è al fascino del predicatore e alla sua arte di persuasione. In altre parole, questa pubblicità accentua lo svuotamento della fede, più che arginarlo. Dal punto di vista del messaggio cristiano potrebbe addirittura allontanare dal Gesù del Vangelo nella misura in cui avvicina al Gesù della TV e dei telepredicatori. 

Ma il messaggio della Chiesa manca di calore

Resta che il fenomeno è per la Chiesa e per i fedeli, è a modo suo, una denuncia. L’annuncio ecclesiale del Vangelo ha perso fascino.

Spesso si sta in bilico tra due eccessi di fascino: un vangelo troppo caldo e un vangelo troppo freddo. Il primo attrae ma avvicina più al messaggero che al messaggio. Il secondo salva il messaggio ma la freddezza del messaggero finisce per raffreddare il messaggio stesso. Questa seconda situazione segna buona parte della Chiesa di oggi.  

Il grande guaio è quando non ci sono (più) i numeri e non c’è (ancora) la sostanza. E, magari, per completare l’opera, non c’è neppure il fracasso.

L’alternativa alla roboante pubblicità americana è la silenziosa costruzione di una comunità, dalla base, sui rapporti costruttivi, caritatevoli, aperti. Meno fracasso e più legami, meno numeri, più sostanza. 

Il grande guaio, semmai, è quando non ci sono (più) i numeri e non c’è (ancora) la sostanza. E, magari, per completare l’opera, non c’è neppure il fracasso.

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