Papa Francesco sta visitando Cipro e la Grecia. Il contributo di Francesco Mazzucotelli,
esperto di geopolitica mediorientale, contribuisce notevolmente
alla comprensione dei problemi che agitano quell’inquieta regione del Mediterraneo
La chiesa cattolica della Santa Croce si trova nella città vecchia di Nicosia, proprio all’interno della cinta delle mura venete, a ridosso del bastione Rocca e della porta di Pafo.
La chiesa sulla linea di confine e le due comunità dei cattolici
Le terre con una storia travagliata presentano talvolta bizzarre geografie politiche. Durante gli scontri etnici del 1963 tra greco-ciprioti e turco-ciprioti, Nicosia è stata divisa da una linea di demarcazione, tracciata da un ufficiale britannico con una penna a sfera con l’inchiostro verde. Con l’invasione militare turca del 1974, quella linea verde è diventata una frontiera militarizzata che ha diviso l’isola fino al periodo tra il 2004 e il 2008. Solo allora, per la prima volta, sono stati riaperti alcuni punti di passaggio.
La chiesa della Santa Croce si è trovata con l’edificio, la facciata e la porta d’ingresso in territorio greco-cipriota e tutti gli altri tre lati circondati dal territorio turco-cipriota.
Oggi non ci sono più i militari in assetto da combattimento e i rotoli di filo spinato. Dal bastione Rocca è persino possibile salutare i pedoni che passeggiano sul marciapiede sottostante verso la porta di Pafo. Ma la garritta dei caschi blu delle Nazioni Unite ricorda che il conflitto cipriota è tamponato più che risolto.
Questa è la situazione che papa Francesco ha trovato oggi entrando nella chiesa della Santa Croce per pregare con le persone migranti.
La presenza cattolica a Cipro è minoritaria e si compone di due gruppi. La comunità di rito latino, dipende dal patriarcato latino di Gerusalemme. La comunità maronita è concentrata nel villaggio di Kurmajit (Kormakitis in greco, Koruçam in turco) e conserva il suo arcaico dialetto arabo libanese.
Se si eccettuano i turisti passeggeri e stanziali, la comunità di rito latino include soprattutto persone migranti, perlopiù donne, che arrivano dall’Africa e dall’Asia meridionale.
A Nicosia il mare è in tempesta e Gesù dorme
Io ho avuto la benedizione di visitare Nicosia proprio nel giorno in cui si celebra l’Esaltazione della Santa Croce.
Un brano evangelico narra l’angoscia dei discepoli mentre Gesù dorme in una notte di tempesta.
C’è una bella differenza tra spiegare questo brano a chi non ha mai visto il mare e chi nel mare ha rischiato di morire. E ha dovuto chiedersi probabilmente perché Dio dava l’impressione di dormire mentre i gommoni affondavano tra le onde.
C’è una bella differenza tra spiegare la nascita di Gesù in una mangiatoia, la strage degli innocenti o la fuga in Egitto a chi al massimo si indigna per i saluti sulla carta da lettere e chi deve fuggire da un paese devastato dalla guerra civile e dal terrorismo.
Le decadenti e viziate società europee litigano acrimoniosamente sulle formule di augurio. Nello stesso tempo papa Francesco celebra l’Avvento pregando con le persone migranti a Nicosia e preparandosi a visitare il campo che ospita le persone richiedenti asilo sull’isola di Lesbo.
Forse prima o poi capiremo che il Natale non è la festa dei buoni sentimenti da cioccolatino, ma la speranza dell’avvento di un modo meno disumano di stare al mondo.
I motivi di interesse politico del viaggio
Il viaggio di papa Francesco offre tre motivi ulteriori di interesse più politico.
In primo luogo. Papa Francesco ha incontrato il presidente del governo internazionalmente riconosciuto della repubblica di Cipro. Nello stesso tempo ha rinunciato a visitare Kurmajit (che si trova nella parte turco-cipriota, pur essendo l’unico villaggio dell’isola a maggioranza cattolica). Con queste scelte il papa si posiziona chiaramente in un momento delicato dei negoziati che cercano di far ripartire una controversa soluzione alla crisi cipriota, per nulla risolta dall’ingresso della parte sud nell’Unione europea.
In secondo luogo. La presenza preminente del patriarca maronita Bishara al-Ra’i, volato dal Libano per l’occasione, segnala una volta di più l’attenzione che la diplomazia vaticana rivolge per molteplici e validissime ragioni al paese del cedri. Resta l’attesa di un viaggio apostolico che Francesco ha più volte detto di desiderare.
In terzo luogo. Il viaggio è importante soprattutto per il rapporto con l’ortodossia.
I (difficili) rapporti con l’Ortodossia
La Chiesa autocefala di Cipro ha per molti versi posizioni assai conservatrici e addirittura alcuni esponenti con simpatie clerico-fasciste.
Non sembra sulla carta un interlocutore facile per papa Francesco. Eppure la diplomazia vaticana prosegue con la strategia dei piccoli passi che coinvolge anche la Chiesa autocefala di Grecia.
Esiste una grave spaccatura tra il patriarcato di Mosca e il patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
La destra radicale americana (quella di Steve Bannon e della Fox News, per intenderci) e il variegato mondo del cattolicesimo americano clerico-reazionario cerca da tempo una sponda nel patriarcato di Mosca. Lo fa per usare l’ortodossia come alleato nella guerra di civiltà (“culture wars”) contro il pensiero laico e progressista, come ben spiega Kristina Stoeckl dell’università di Innsbruck.
La diplomazia vaticana cerca di costruire ponti con il patriarcato di Costantinopoli e alcune chiese ortodosse più aperte al dialogo, esortando ad accogliere “con pazienza” i cambiamenti.
Si scontrano opposte visioni di Chiesa, di Mondo, di Storia, con esiti del tutto incerti, mentre noi stiamo qui a squittire, inveire e immaginare che qualcuno vorrebbe “rubarci il Natale”.