Le nostre angosce di fronte all’universo sconfinato

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Le angosce di una vecchia amica.
Siamo un puntino sperduto nell’universo.
Le inevitabili domande e le difficili risposte

Conosco un’amica che mi ripete spesso una domanda. È anziana e quindi ha il diritto, in qualche modo, di ripetersi. Mi chiede spesso che cosa pensare degli infiniti mondi che sono sparsi nell’universo e dei possibili abitatori che vi possono vivere. E questo in rapporto all’annuncio evangelico, Dio, la salvezza. Un problemino da poco, insomma.

Ma se l’amica ha acquisito il diritto di ripetere la domanda io che pure sono vecchio – un po’ meno vecchio di lei, ma vecchio – ho acquisito il diritto di ripetere la risposta. Ma è una risposta insoddisfacente, sia perché non ho competenza, sia perché i problemi sono comunque immensamente più grandi di noi. Eppure: risposta necessaria per il semplice fatto che, essendo uomini, non possiamo fare a meno di farci quelle domande.

Dio fa i suoi “esperimenti” in piccolo

Che ne è dunque di tutti i miliardi di galassie e i miliardi di pianeti su cui forse vivono miliardi di miliardi di uomini?

Prima reazioni elementare. Abitiamo un condominio di miliardi di piani. Siamo curiosi di sapere chi sono gli inquilini di sopra e di sotto. È una curiosità sana. Ma non serve gran che. Anzi: finisce per distrarre. Perché il problema non è tanto sapere chi sono gli inquilini dei piani di sopra e di quelli di sotto ma vivere bene con gli inquilini del nostro piano. 

Secondo reazione. Tento di elaborare un minimo di pensiero… Mi hanno un poco aiutato due libri del teologo Gerhard Lohfink che ho letto di recente, quello, soprattutto, su Gesù (“Gesù di Nazaret. Cosa volle – Chi fu”, Queriniana, 2014). C’è un’idea preziosa, alla quale non avevo molto pensato in precedenza.

Gesù è provinciale, e resta volutamente provinciale: ebreo che dice di voler parlare solo alle “pecore perdute della casa di Israele”

Questa. Dio vuole salvare tutti. Ma non si rivolge, direttamente, a tutti. Gesù è provinciale, e resta volutamente provinciale: ebreo che dice di voler parlare solo alle “pecore perdute della casa di Israele”. Le sortite all’esterno (“dalle parti di Tiro e Sidone”, nella decapoli) sono parentesi volutamente brevi dopo le quali, immancabilmente, Gesù “torna a casa”, alla casa perduta di Israele. Dentro lo stesso Israele Gesù seleziona ulteriormente, sceglie il piccolo gruppo, i discepoli. Quanti fossero i discepoli non si sa. La cifra più esagerata è quella riferita da Luca: i “settantadue discepoli” (Lc 10, 1) che vengono mandati in missione. E, dentro i già pochi discepoli, Gesù scegli i pochissimi – “i Dodici” – apostoli. A questi Dodici – undici, anzi, perché Giuda ha tradito e si è impiccato – dice : “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28, 19-20). Dunque: i pochi, i pochissimi sono incaricati di rivolgersi a tutti. 

Dio, perciò, agisce coi pochi per poi rivolgersi a tutti. Fa i suoi esperimenti di fraternità e di salvezza nei ristretti orizzonti dei pochi per poi estenderli ai tutti. Israele appare il “laboratorio” in cui Dio fa “in piccolo” i suoi esperimenti di salvezza. Per poterli sperimentare per bene, per verificare in piccolo, prima, “come fare” in grande, poi. 

Il mondo, possibile Israele dell’universo

Ora, questo mi pare un possibile spunto che mi aiuta ad accettare lo sgomento di fronte alla sconfinatezza dell’universo. Si potrebbe dire, in estrema sintesi, che Israele sta al mondo, come il mondo sta all’universo. Israele è stato il laboratorio del mondo; il mondo è (forse) il laboratorio di cui Dio si serve per avviare i suoi procedimenti di paternità per l’universo. Il mondo è l’Israele dell’universo.

Non sappiamo come sia l’universo, dove finisca, se finisce… Ma anche Gesù, nel suo piccolo laboratorio mediorientale, non sapeva che esistevano le Americhe

Non sappiamo come sia l’universo, dove finisca, se finisce… (Ma anche Gesù, nel suo piccolo laboratorio mediorientale non sapeva che esistevano le Americhe, dove comunque vivevano uomini, anche loro destinatari della “salvezza”). Sappiamo, noi, di essere l’oggetto di interesse del Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù, interesse intenso e concentrato, che potrebbe essere esteso, non si sa come, non si sa quando, a tutto l’universo del quale siamo un piccolissimo, sperduto, invisibile puntino, la “ piccola prigione”, di cui parlava Pascal, nella quale siamo confinati. 

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