La fede cristiana. Complessa. E difficile

Don Bruno Ambrosini. Prete e operaio
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Abbiamo celebrato la solennità dell’Assunta. Festa bellissima, ricchissima, con tutto il corredo di immagini, di idee, di spiritualità e di teologia che la accompagna. Anche se sfortunata per la coincidenza con la ricorrenza di tutt’altro tipo del Ferragosto

“Assunta in cielo. Ma che cosa è il cielo?”

La complessa bellezza della festa dice molto non solo della festa, ma del “mondo cristiano” che la celebra. Maria è assunta in cielo, la prima dell’umanità, è assunta in cielo in anima e corpo grazie alla risurrezione del Figlio: è la prima dei salvati.

Ma che cosa è il cielo? (o, per dirla con Walter Kasper, dovremmo dire: chi è il cielo?). Che cosa significa la risurrezione? E che cosa significa Dio-uomo? E che ci fa la Chiesa? E la liturgia? E questa festa? E avanti con le interminabili, inesauribili domande.

In parole povere: il messaggio cristiano è bello, bellissimo ma, proprio perché bellissimo è, appunto, complesso.

E’ una gigantesca “coincidentia oppositorum”: cielo-terra, uomo-Dio, uomini-Dio, morte-risurrezione, Chiesa-mistero… Per questo la fede nel mistero cristiano è sempre pericolosamente mutilabile, riducibile…  Credo a Gesù grande uomo ma non a Gesù Figlio di Dio; ammiro la sua morte, ma non accetto la risurrezione; la Chiesa è una organizzazione, ma non riesco a capire la Chiesa che celebra messe e fa battesimi… E così via. 

Credere a tutto il grandioso mistero cristiano è impegnativo. Per cui pochi credono veramente a tutto. La conclusione è inevitabile: il messaggio cristiano ha scritta nel suo DNA una spiccata, inevitabile vocazione minoritaria.

La complessità cristiana di fronte alla semplicità dell’Islam

Al confronto è evidente la grandiosa semplicità dell’Islam. Dio è solo Dio. Non si fa uomo, non fonda una Chiesa, non ci sono sacramenti. L’uomo resta uomo ed è chiamato a fare pochi gesti, semplici e facili, che lo rendono gradito all’Assoluto. Il Corano è parola rivelata e non serve, e spesso è visto con sospetto, ogni tentativo di spiegare e di trovare fonti e autori.

Non ci si meraviglia che nell’Islam non esistano scuole teologiche e tomi di speculazione filosofica sull’Assoluto. Nell’Islam sono importanti più le scuole di spiritualità più che le scuole di pensiero e di teologia.

Non mi meraviglio neppure di leggere che Charles de Foucauld ha vissuto un periodo della sua vita in cui vedeva bene l’Islam e, soprattutto, appunto, la sua semplicità. D’altronde il modo con cui il grande santo ha vissuto la sua fede cristiana è fondamentalmente “islamico”: più vita che speculazione, più modo di essere che modo di pensare.

E non è un caso che una buona parte della sua vita è stata in bilico fra Nazaret e il profondo Islam dell’Algeria, fra la vita modesta e quotidiana di Gesù e quella della condivisione con i fratelli “altri”, diversi e vicini, i mussulmani. 

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