
In quel tempo, [mentre era a mensa con i suoi discepoli,] Gesù fu profondamente turbato e dichiarò: «In verità, in verità io vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardavano l’un l’altro, non sapendo bene di chi parlasse. Ora uno dei discepoli, quello che Gesù amava, si trovava a tavola al fianco di Gesù. Simon Pietro gli fece cenno di informarsi chi fosse quello di cui parlava. Ed egli, chinandosi sul petto di Gesù, gli disse: «Signore, chi è?». Rispose Gesù: «È colui per il quale intingerò il boccone e glielo darò». E, intinto il boccone, lo prese e lo diede a Giuda, figlio di Simone Iscariòta. Allora, dopo il boccone, Satana entrò in lui.
Gli disse dunque Gesù: «Quello che vuoi fare, fallo presto». Nessuno dei commensali capì perché gli avesse detto questo; alcuni infatti pensavano che, poiché Giuda teneva la cassa, Gesù gli avesse detto: «Compra quello che ci occorre per la festa», oppure che dovesse dare qualche cosa ai poveri. Egli, preso il boccone, subito uscì. Ed era notte (Gv 13, 21-30).
E’ sempre impressionante quel “Ed era notte”. Giuda piomba nella notte fitta e senza luce di allora. Nella notte non vede nessuno e non è visto da nessuno. Tutti i legami sono finiti. E’ il mondo indistinto dove tutto è cancellato.
Giuda ha lasciato alle sue spalle il mondo luminoso e caldo del cenacolo, dove Gesù lava i piedi, dove diche il pane donato da lui è il suo corpo e il vino è il suo sangue. E’ un mondo dove i legami, invece, trionfano, debordano: perfino il pane diventa corpo vivo.
Mentre nel mondo di Giuda tutti i legami, anche i più forti, muoiono, nel mondo di Gesù tutti i legami, anche i più deboli e inerti, vivono.
Il contrasto tra i due mondi viene suggerito da un piccolo, significativo dettaglio. Il testo greco dice: ἦν δὲ νύξ. Il δὲ è avversativo. La traduzione clementina rende così: “Era autem nox”. “Ma era notte”.
Non è solo l’ora delle tenebre, ma anche il luogo delle tenebre. Giuda fa un’esperienza che è paragonabile a quella del figliol prodigo. Questi finisce in un “paese lontano” (Lc 15, 13), nella regio dissimilitudinis, la regione della dissomiglianza, dove perde la sua identità e finisce per diventare il custode dei porci: si perde, non si ritrova più…
La notte di Giuda è molto simile al paese lontano del figliol prodigo. Non va molto lontano di fatto: si reca dai sommi sacerdoti per concludere l’affare, ma è come se emigrasse in lontananze vertiginose rispetto alla luce calda del cenacolo. Tanto grandi quelle lontananze che il ritorno, per lui, diventa impossibile.
In termini vicini a noi si dovrebbe dire che Giuda, alla fine, “deve” morire, deve fuggire via dalla vita come è fuggito via dal cenacolo, vittima di una tragica coerenza con quello che ha fatto.