Bambini tra guerra e odio

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I bambini sono tutti uguali.
Anche per questo sono preziose le immagini che ci dicono qualcosa di simile delle situazioni diverse di guerra e odio che hanno segnato la nostra storia. E la stanno segnando tuttora

A Terezin

Negli anni tra il 1941 e il 1945 i nazisti internarono 11.000 tra bambini e adolescenti nel ghetto di Terezin non lontano da Praga: la maggior parte morì ad Aushwitz. Di loro restano 4.000 disegni che un’insegnante nascose in due valige ritrovate fortunosamente dopo dieci anni dalla fine della guerra. I disegni sono oggi conservati nel Museo Ebraico di Praga.

La casa traballa, si piega; il fumo dal camino non sale, scende e la avvolge; anche prato e montagne sembrano volersi rinchiudere.
Una sagoma, deformata in una macchia verde, fugge; anche il cane, deformato in una macchia rossa, scappa dalla sua cuccia.
Dal cielo, non azzurro, arriva una minacciosa sagoma nera.

A Gaza

La casa traballa e piange; dal contorno nero che la rinchiude esce la sagoma di una mano alzata nel segno di arresa.
Dal tetto si sporge la figura della bambina, velata con le mani alzate nell’antico gesto dell’orante.
Dal cielo cadono forme nere; anche una stella è diventata nera. L’erba è spaventata e si piega per cercare riparo; anche la pianta è cattiva: vuole cancellare la casa con scarabocchi marroni.

A Kiev

Il sole ha gli occhiali scuri: ci sono luci che non vuole vedere. Dal cielo piove un angelo triste e un diavolo allegro. Un aereo arriva: spara a un bambino che si dondola su un’altalena sospesa a una nuvola; apre il portellone e una persona forse si salva lungo lo scivolo di emergenza.

La guerra è entrata tra le case: un uomo coi baffi guarda dalla finestra; una donna è colpita sull’uscio di casa; un bambino è ferito e sanguina sulla strada ma un uomo continua a sparargli; una casa brucia e arriva un carro di soccorso. C‘è anche un semaforo: chissà cosa deve fermare?   

Ad Aleppo

Niente cielo né prato. Lo scheletro di una casa va in fumo: non ha finestre né porta. Due elicotteri panciuti, mossi da eliche marroni, sganciano sagome nere.
A terra cinque figure; una è a pezzi: è rimasto un braccio, una gamba e la faccia triste; a fianco l’altra figura non ha testa né gamba e sanguina.
Al centro del disegno una giovane donna, forse ancora bambina, piange sorreggendo un corpo mutilato con sul volto il sorriso del martire: è una ”deposizione laica”. Una figura con i pantaloncini rossi ci guarda, piange e si allontana.  

Nota a margine
Questi disegni sono arte? Di certo sono messaggi “veri”; quando un bambino disegna quasi sempre “parla”, rende visibile parte importanti di sé e del suo mondo: la casa, le lacrime, le ansie; anche il cielo, il sole, le nuvole… 
Secondo Paul Klee – in Credo creativo scritto nel 1920 – sono già arte perché: “L’arte non riproduce il visibile, rende visibile”.

Disegni di bambini – oltre tempi, luoghi e culture – per non dimenticare le guerre (in atto nel mondo sono 59)!

                                                                                                         

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