Il desiderio di Papa Francesco è che questa ricorrenza “possa far crescere nel popolo di Dio l’assidua familiarità con la Scrittura”, passaggio indispensabile per accedere a una fede cristiana adulta.
L’uomo non può conoscere l’intimo di Dio se non attraverso la sua Parola che costringe ad andare fuori rispetto a se stessi e ai propri orizzonti, che invita continuamente a confrontarci su ciò che Dio è, per non incorrere nella tentazione di incontrare un Salvatore immaginario, un Dio fatto a nostra somiglianza, un idolo che ci può soddisfare, frutto di tradizioni o dei nostri modi di pensare. E’ quello che è capitato a Pietro, che si sente apostrofare col nome di Satana perché “tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini”.
La Parola è molto più di una legge o di una regola di vita
Ma la Parola non è solo un mezzo per trasmettere informazioni su Dio, ed è molto più di una legge o di una regola di vita, perché essa stessa possiede il divino.
Nella Parola è la potenza di Dio.
Il profeta Geremia usa espressioni molto forti: “Quando le tue parole mi venero incontro, le divorai con avidità”. La Parola del Signore gli usa violenza: vorrebbe liberarsene, ma non può: essa è diventata parte integrante della sua persona: “Non penserò più a lui.” Sente come un fuoco nelle sue ossa. “Mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo” (Ger 20, 9)
Ezechiele mangia la Parola, che gli si presenta sotto forma di rotolo della Legge ed essa “nutre il ventre ed entra nelle viscere” fino ad essere “accolta nel cuore. (Ez 3,2-10)
Gli uomini di Dio sono stati afferrati dalla Parola, si sono lasciati “circoncidere il cuore” e ora questa è diventata la loro stessa vita, “seme rigeneratore”, così che non c’è più distanza tra ascolto e testimonianza, fra fede e vita.
“La tua Parola è verità” (Gv 17,17) dice Gesù nella sua preghiera al Padre, dove verità sta per l’essenza stessa di Dio. Non un’astrazione, ma il modo che Dio ha scelto per incontrare l’uomo.
La Parola, allora, è Dio stesso che si offre agli uomini perché questi lo possano conoscere e vivere per Lui.
È Parola che realizza mentre comunica
È Parola che realizza mentre comunica. È quella della creazione quando Dio disse “Sia la luce! E la luce fu”. È la Parola della promessa e della benedizione date ad Abramo. È la Parola rivelativa del nome di Dio, rivolta a Mosè. È la sconvolgente Parola che odono i profeti “Il Signore Dio ha parlato. Chi può non profetare?” (Am 3, 8). È la Parola dell’amore, sono le dolcissime rime del Cantico, le suppliche di Davide, i canti dei Salmi, gli inni di vittoria di Debora e di Giuditta, sono le preghiere di Tobia e le dolorose contestazioni di Giobbe.
Poi, nella “pienezza dei tempi” è il “sì” di Maria quando “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14).
Negli Atti degli Apostoli la Parola appare in tutta la sua intrinseca forza dinamica, è la Parola che cresce (At 6, 7), che si moltiplica (At 11, 24). È la “Parola di grazia” sovranamente efficace che ha “il potere di costruire e di procurare l’eredità” (At 20, 32).
Il cammino della Parola si diversifica nei tempi, nei contesti delle diverse culture, ma mantiene sempre la sua verità nella misura in cui si eviti di misconoscerla, di impoverirla, di depotenziarla.
La Parola è luce sul cammino, “lampada ai miei passi”
Al contrario essa è vita sempre feconda, è luce sul cammino, “lampada ai miei passi”, è cibo che sazia, acqua che disseta.
Parola che dà senso a tutte le parole disperse nel mondo, che porta a compimento i frammenti di ogni cosa creata.
Allora la Parola va cercata, ascoltata, amata, vissuta, pregata. È Gesù che ci indica la strada:”Sarete veramente miei discepoli, se rimanete nella mia Parola” (Gv 8, 32).
L’essere discepoli non nasce da un ragionamento, da un sentimento o da una forte emozione, ma dal “rimanere”, dall’abitare dentro, dal perdurare nella Parola per imparare l’ubbidienza della fede”.
Quella Parola che nell’azione liturgica acquista valore sacramentale, Parola di vita eterna, evento di salvezza, colta nella sua realtà escatologica, là dove la celebrazione eucaristica e la celebrazione di vita si incontrano nell’ascolto della Parola e nella frazione del Pane, in un rapporto di reciprocità, ambedue necessari per “dire” in ogni “oggi” l’amore. Dove Dio si fa nostra prossimità, ci riempie di sé, perché anche noi possiamo portare frutti di amore.