Nazismo, Olocausto. Drammi da prendere sul serio anche oggi

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Una donna porta una maglietta con simboli nazisti.
Il giudice la assolve.
Il pericolo di una deriva nella quale è permesso ridere su tutto

Predappio, 28 ottobre 2018, raduno delle camicie nere in occasione della memoria della marcia su Roma del 1922. È presente tra gli inneggianti al fascismo la signora Selene Ticchi, che per l’occasione sfoggia una maglietta, rigorosamente nera come da “dresscode” dell’evento , dove è rappresentato il caseggiato che fa da ingresso al campo di concentramento di Auschwitz (quello che i deportati vedevano a centinaia di metri di distanza, scendendo dai treni merce sui quali erano stati caricati come bestie e che gli stessi dovevano raggiungere di corsa, avendo alle calcagna i cani aizzati contro di loro dai soldati nazisti). Sotto, la scritta “Auschwitzland”, riportata con i caratteri tipici dei film per bambini della Walt Disney.

Si inneggia al nazismo “per caso”

Ora, che la madre degli imbecilli sia sempre in stato interessante e gente come questa ce ne sia, non è una novità. Grave però, a mio parere, è la sentenza emessa dal giudice del tribunale di Forlì, dopo brevissima camera di consiglio, che ha assolto la donna con formula piena: il fatto non costituisce reato. 

Sconvolta la procura, che aveva chiesto, tramite la pm, una condanna a nove mesi di reclusione e il pagamento di 600 euro di multa per violazione della legge Mancino. Altrettanto amareggiata l’Anpi, che si era costituita parte civile al processo. 

In sede di dibattimento, la donna aveva affermato di aver indossato quel giorno la prima maglietta che le è capitata. Caspita, interessante! Non solo il fatto che la signora possedesse questa maglietta, con questo disegno e questa scritta, ma che l’abbia indossata proprio in quella occasione deve essere stato proprio un caso! 

Lo stranezza di una maglietta con simboli nazisti che contesta il nazismo

Peraltro, per il giudice, oltre alle parole della donna che ha affermato di non aver assolutamente voluto offendere le vittime delle stragi naziste né di aver inneggiato alla discriminazione razziale, deve essere stata determinante l’arringa del suo avvocato difensore, che a proposito della maglietta in questione ha affermato: “Nessuna simbologia politica, nessuna intenzione di inneggiare agli orrori nazisti. Quella maglietta, anzi, ha rappresentato un gesto di protesta, in quanto faceva parte di una serie di gadget messi sul mercato da chi lucra sul dolore delle stragi e sulla memoria storica collettiva. Sulla Shoah così come sui gulag o sulle atrocità commesse in Vietnam…”. Ah, ecco! Dunque la signora è una paladina della giustizia: le sta a cuore affermare che la discriminazione razziale è reato, che stragi come la Shoah non devono mai più avvenire e ha deciso di affermare tutto questo con quella maglietta. Chiaro! Come abbiamo potuto non capire? Meno male che l’hanno capito i magistrati che l’hanno assolta! 

Dov’è lo Stato e dov’è la Chiesa?

Ora, è chiaro che l’assoluzione costituisce per questa signora e per tutti coloro che, come lei, irridono le stragi naziste, una vittoria (ci sarà ricorso in appello da parte della Procura, immagino, ma allo stato attuale le cose stanno così). Le domande che mi pongo sono: dov’è lo Stato? Dov’è la Chiesa? Dove siamo noi?

Soltanto il 13 ottobre scorso, Liliana Segre, simbolo italiano delle persone sopravvissute allo sterminio nazista, presiedeva la prima seduta della nuova legislatura al Senato. Perché? Soltanto perché era la senatrice a vita più anziana?

E’ stata celebrata la “giornata della memoria”, le scuole hanno vissuto momenti appositi in occasione di queste celebrazioni, tra lezioni, lavori di gruppo e minuti di silenzio.

Se celebrano eroi e santi vittime del nazismo. Anche per far loro onore è necessario prendere posizione

La Chiesa fa costante memoria dei martiri di quegli anni, di ogni religione e cultura, ricordando anche Santi che hanno perso la vita ad Auschwitz, quali Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein) e l’eroicità del gesto di San Massimiliano Maria Kolbe. Ora, alla luce di questa sentenza, che senso ha tutto questo? Si può dunque ridere di tutto, di gente sterminata ieri come oggi per motivi razziali? 

Credo questa sentenza apra la strada a una deriva preoccupante, soprattutto in questo tempo dove pare essere dissolta un’etica condivisa che almeno sui valori fondamentali non abbia cedimenti.

Mi aspetto, personalmente, che gli uomini e le donne impegnati in politica prendano posizione, nel rispetto dell’autorità giudiziaria, sulla questione. Lo stesso lo invoco dalla Chiesa: spero che, soprattutto coloro che occupano posizioni importanti nella gerarchia ecclesiastica, ma anche noi semplici preti di parrocchia e la nostra gente, non restiamo in silenzio dinanzi a questi eventi. Non ha senso nascondendoci dietro a un fasullo “politically correct” che altro non traduce se non un evidente “io taccio, non ti do fastidio e tu non lo darai a me”.

Tacere significa essere complici e se questa complicità si verifica su questioni come lo sterminio nazista, si pongono le basi per dimenticare e per ripetere, come ha ripetutamente espresso con preoccupazione Liliana Segre, un giorno non lontano, quegli orrori. 

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