Me ne scuso con gli amici che ci seguono. Alcuni eventi imprevisti hanno impegnato gran parte delle mie forze e del mio tempo a partire dal mese di Dicembre.
Che cos’è la Responsabilità sociale di impresa? Secondo il Libro verde dell’Unione Europea del 2001 è “la responsabilità delle imprese per gli impatti che hanno sulla società”.
Ciò significava che certamente le imprese avevano ed hanno come primo obiettivo quello di creare profitto. Si tratta di un obiettivo assolutamente necessario per sostenere lo sviluppo economico sia delle aziende sia della società, mediante la destinazione di parte delle risorse prodotte agli investimenti. Ma è anche necessario per creare ricchezza e benessere per gli stakeholders e per la società in generale mediante la tassazione.
Tuttavia, l’Unione Europea già nel 2001 con l’introduzione del concetto di Rsi, invitava a guardare oltre il profitto e a pensare ad una “integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
In altre parole: le imprese dovevano impegnarsi, nella loro azione economica e produttiva per la creazione del valore. Non devono limitarsi a rispettare le leggi, ovviamente, ma ad andare ben oltre. Devono promuovere uno sviluppo continuo della sicurezza e della dignità del lavoro, della formazione professionale e della qualità della vita degli operatori. Sono impegnate a valorizzare le Risorse Umane, la qualità dei prodotti e dei processi produttivi, la sostenibilità come uso consapevole delle risorse ambientali, della riduzione e della valorizzazione dei rifiuti.
Le aziende inoltre dovevano accertarsi che tali principi etici venissero rispettati anche a monte e a valle della filiera di creazione del valore, fino al consumatore finale, che doveva essere educato al risparmio delle risorse ambientali, minimizzando e valorizzando i rifiuti attraverso il riuso, il riciclo ed il recupero energetico.
Insomma, la UE nel 2001 iniziò a spingere le imprese verso un comportamento etico inteso non come patina comunicativa al fine di ingraziarsi la benevolenza del mercato, ma come fattore di sviluppo con l’obiettivo di cogliere un vantaggio competitivo e di massimizzare gli utili di lungo periodo.
Con la Comunicazione UE n. 681 del 2011, la Commissione Europea, dopo dieci anni, riesamina e supera la nozione espressa nel precedente Libro Verde e offre una nuova definizione di CSR. La nuova impostazione non fa più riferimento all’approccio soggettivo delle imprese sul modello della teoria degli stakeholders, ma richiede una maggiore adesione ai principi normativi proposti da organizzazioni internazionali come l’OCSE e l’ONU e da agenzie come l’ILO.
Del resto la nostra Costituzione così recita all’art. 41:
L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.”
Infine: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile ha inglobato la RSI in un programma d’azione sottoscritto nel 2015 da tutti i governi dei 193 Paesi membri dell’ONU in cui sono delineati 17 Obiettivi che devono essere raggiungi da tutti i Paesi del mondo entro il 2030.
Sono i cosiddetti SDGs, che saranno oggetto di un prossimo articolo.
P.S. Una curiosità storica: il primo personaggio a parlare di Responsabilità sociale di impresa fu Robespierre:
Avete moltiplicato gli articoli per assicurare la più grande libertà all’esercizio della proprietà e non avete detto una parola per determinarne la natura e la legittimità, così che la vostra dichiarazione sembra fatta non per gli uomini, ma per i ricchi, gli accaparratori e i tiranni. Io vi propongo di riformare questi vizi consacrando le verità seguenti: 1. La proprietà è il diritto di ogni cittadino di godere e disporre della parte di beni che gli è garantita dalla legge. 2. Il diritto di proprietà è limitato, come tutti gli altri, dall’obbligo di rispettare i diritti altrui. 3. Non può pregiudicare né la sicurezza, né la libertà, né l’esistenza, né la proprietà dei nostri simili. 4. Ogni possesso, ogni commercio che viola questo principio è illecito e immorale.(Robespierre alla Convenzione il 24 aprile 1793)