“Paris brûle-t-il?, era il titolo del film celebre di René Clément. “La France brûle-t-elle?”, si potrebbe chiedere oggi. Sì, brucia o, perlomeno, rischia di bruciare.
I fatti drammatici di questi giorni ripropongono il fallimento di un sogno tipicamente francese. La Francia è sempre stata orgogliosa della sua “Laïcité”. Ma si tratta di una laicità molto francese che sfronda tutte le autonomie culturali per uniformarle tutte nell’unica “citoyenneté”, l’unica cittadinanza.
Questa deve inglobare tutto e questa totalità è la sua forza. La scuola diventa l’istituzione incaricata di trasmettere il valore insostituibile che lega tutti i cittadini. Ma, mentre la laicità all’americana valorizza le differenze, soprattutto quelle religiose, la laicità francese le tollera, come possibili concorrenti dell’unico valore coagulante, la laicità, appunto.
Perché la laicità funzioni bisogna che tutti la accolgano. In Francia non è (più) così
Il guaio, per la Francia, è che perché la laicità “funzioni” è necessario che tutti la accolgano o, quanto meno, che non contestino. Ora non è così. Ci sono dei gruppi sociali e soprattutto delle religioni, che non dispongono del criterio fondamentale della laicità, vedi, ad esempio, l’Islam. Dell’Islam si citano le affermazioni rassicuranti di qualche iman, ma gli iman che stanno a Parigi non controllano le periferie. Così la madre della laicità si è vista crescere la serpe in seno.
La situazione è esplosiva proprio per le anomalie che stanno alla radice di tutta la costruzione. La laicità è una uguaglianza di diritto, ma non è per nulla una uguaglianza di fatto. Cerco di mettermi nei panni dei ragazzi figli di immigrati che si sentono dire che tutti i francesi sono uguali perché tutti sono nello Stato laico. La situazione concreta è una denegazione continua dell’affermazione di principio. Un ragazzo immigrato, emarginato nei quartieri di periferia, che cosa se ne fa della laicità?
Un ragazzo figlio di immigrati, che vive in periferie sordide, che se ne fa della laicità?
Mi piacerebbe studiare – certamente è già stato fatto da qualcuno – come questo mito della laicità è in qualche modo figlio dell’illuminismo, tipicamente francese, del ‘700. I francesi sono convinti, in maggioranza, che le idee buone vincono proprio perché sono buone. Ora si potrebbe fare una enciclopedia che tratta dei fallimenti delle idee buone e delle condanne a morte dei profeti che le hanno proclamate.
Al Maxxi di Roma Sgarbi si è lasciato andare a una serie di battute sessiste di una volgarità unica. Quello che poteva essere considerato una delle tante esibizioni sopra le righe del grande narciso ha fatto parlare e discutere giornali e telegiornali.
Ormai i personaggi pubblici – alcuni almeno – non si distinguono per un linguaggio “diverso” ma per la versione estrema del linguaggio comune. Come i maiali della Fattoria degli animali di Orwell, dopo essersi impadroniti del potere, stabiliscono che tutti gli animali sono uguali, ma i maiali sono “più uguali degli altri”. Più uguali e quindi, mentre gli altri possono contemplare il porcile da fuori, loro, i maiali, ci sguazzano, alla grande, da dentro.