Prendo dal sito del Corriere.
Amazon chiude brillantemente l’ultimo trimestre del 2021 con utili quasi raddoppiati a 14,32 miliardi di dollari, mentre i ricavi sono cresciuti del 9% a 137,41 miliardi di dollari, in linea sostanzialmente con le previsioni degli analisti. Per il primo trimestre del 2022 il colosso dello shopping online prevede ricavi tra i 112 e i 117 miliardi di dollari, inferiori ai 121 miliardi circa stimati dagli analisti. Da un lato l’aumento dell’abbonamento Amazon Prime, dall’altro i boom del servizio cloud offerto dal gruppo — con ricavi cresciuti del 40% rispetto al trimestre 2020 a 17,8 miliardi di dollari e utili per 5,29 miliardi — ha bilanciato i maggiori costi del personale e dei trasporti.
Leggo questa notizia e, nello stesso sito, mi si riferisce del discorso di Mattarella, in occasione del suo insediamento ufficiale come capo dello Stato.
La pari dignità sociale è un caposaldo di uno sviluppo giusto ed effettivo. Le diseguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita. Sono piuttosto il freno di ogni prospettiva di crescita.
Sono due ambiti diversi, è vero. E si tratta anche di temi diversi, in fondo. Anche questo è vero.
Ma non riesco a non sentire lo stridore fra la notizia di agenzia sui miliardi di Bezos e le parole di Mattarella. Intendiamoci: va da sé che si prende atto di una società dove vige la libertà e il libero mercato. Ma si rimane smarriti di fronte alle dimensioni che quella libertà ha acquisito e ai risultati che ha prodotto. Mi viene in mente non solo che Amazon sta facendo utili da capogiro, ma anche che sono da capogiro le disuguaglianze fra lui e alcuni ricchissimi come lui.
Rocco Artifoni ne ha parlato nel nostro blog: “I 10 super-paperoni detengono una ricchezza sei volte superiore al patrimonio del 40% più povero della popolazione mondiale, ovvero di 3,1 miliardi di persone”. Pochissimi ricchissimi e moltissimi poverissimi.
Mi viene in mente la battuta che nel “Caligola” di Camus, il protagonista dice: “La mia libertà non è quella buona”.
Di fronte a dati del genere si ha il più acuto senso di impotenza. Si ha la sensazione deprimente che non c’è nulla da fare, che non abbiamo nessun strumento per intervenire.
Possiamo solo dire che un mondo così non ci piace. Ecco: proprio non ci piace e non ci piace perché è un mondo senza dignità.
Gilbert Sinoué, in un libro di alcuni anni fa, narrava l’odissea della Nave Saint-Louis che, dopo la “Notte dei Cristalli” provocata da Hitler doveva portare i fuorusciti ebrei che fuggivano dalle persecuzioni naziste verso Cuba, prima e gli Stati Uniti, poi. La nave venne rifiutata da tutti e dovette rientrare in Europa. L’Autore racconta la vicenda e ci offre un commento di fulminante attualità:
Quello che stavano vivendo in quel mese di maggio del 1939 non era un episodio qualsiasi della storia, e non era nemmeno una tragedia. Era molto peggio: era un’ingiuria fatta alla dignità dell’uomo. Uccidere un uomo non è così grave: la morte non dura che pochi secondi. Ma derubarlo della dignità è un’altra cosa: nessuno viene al mondo per vivere in ginocchio” (G. Sinoué, Una nave per l’inferno, pag. 60).
Una situazione così diversa dalla nostra. Eppure così simile in questo: agli uomini si è rubato quello che è legato alla loro stessa situazione di uomini, la loro dignità, appunto. E, allora come adesso, ci ripetiamo una verità semplice, quasi banale e banalmente disattesa: che von si viene al mondo per vivere in ginocchio.