
Caro Beppe, sono passate due settimane dalla tua partenza per il cielo. Non intendo spendere troppe parole, quello che avevo da dirti te l’ho detto già quella notte, quando il messaggio di Lory mi ha avvisato che eri andato in Paradiso. Però vorrei continuare a ricordare il bene che hai fatto, perché il bene ci aiuta a fare il bene e noi, ne abbiamo parlato tante volte, di esempi di bene abbiamo sempre più bisogno. La tua Fulvietta, vedendo la marea di persone che veniva a trovarti, rivolgendosi a te, ti ha chiesto: “Cos’hai combinato, Beppe?”. Conoscendoti, ti sarai messo a ridere di gusto e, dicendo una bugia (splendida), avrai risposto, guardandola con amore da lassù: “Io? Niente!”. E invece l’hai combinata grossa Beppe, perché chi sceglie di fare il bene ne combina di grossissime! Fammi ricordare, Beppe, tre cose che hai combinato.
La prima, hai speso tanto tempo della tua vita nel nostro oratorio. I fiumi di giovani che sono venuti a trovare te, Fulvia, Ale e Stefano, attestano questo: hai voluto bene ai ragazzi. Lo hai fatto con una semplicità straordinaria e con un’autorevolezza da cui anche i professionisti dell’educazione hanno da imparare. Spendevi tempo con i ragazzi, parlavi con loro, li richiamavi quando necessario. Non hai mai smesso di voler bene anche a quei ragazzi che non ti rispondevano bene e non rispettavano il tuo lavoro mattutino, che ci consegnava un oratorio pulito e ordinato ad ogni apertura.
Eri capace di richiamare anche energicamente, comprendendo che non si diventa figure di riferimento dei ragazzi regalando merendine o patatine a tutti o permettendo ogni comportamento, ma indicando con sicurezza i comportamenti adeguati e quelli da evitare. Non so quanti soldi tu abbia speso per offrire qualcosa a tutti noi, dal caffè, alla birra, allo spritz fino alle mie amate “Fonzies”, che già preparavi sul bancone appena mi vedevi arrivare al cancello, per rispondermi sempre, alla mia richiesta di pagare: “Lascia lì che faccio io”: so che la tua generosità è specchio del tuo cuore, che mette l’altro al centro. Beppe, quante ne combina il bene!
Seconda cosa che hai combinato: il tuo modo di fare la comunione. Avevo notato questo aspetto già dalle prime volte che ti ho visto ricevere l’eucarestia, dopo tanti anni in cui avevi ricevuto il Signore spiritualmente, finchè papa Francesco ha regalato alla Chiesa la splendida “Amoris Laetitia”, facendo sì che l’esistenza di ogni persona e ogni coppia venisse considerata con umanità e con lo stesso sguardo di Gesù, non come una fredda pratica di casistica canonica. Da quel giorno e poi, ancor di più, dopo il matrimonio sacramentale con la tua Fulvia, il tuo modo di ricevere la comunione è stato per noi un esempio di fede e devozione.
Anche una ministra straordinaria della nostra comunità di Grumello (è vero, ora non sono più a Grumello, ma permettimi di sentire ancora mia una comunità che mi ha dato tantissimo e dove custodisco come tesori preziosi amicizie importanti) mi raccontava di aver notato questo aspetto: arrivavi davanti a chi ti dava il Corpo di Cristo con un’espressione concentrata, in preghiera, guardavi con i tuoi occhi da bambino chi avevi dinanzi e portavi avanti le mani, una accanto all’altra, quasi curvandoti, come un papà che prende per la prima volta in braccio il suo bambino e ha paura di fargli male. Così tu accoglievi il tuo Signore, custodendolo tra le mani e poi nel cuore. Il bene che facevi veniva da lì! Beppe, quante ne combina il bene!
Un ultimo aspetto (sì, ultimo di queste righe, perché non basterebbe un libro per raccontare ogni episodio, ma ne saresti infastidito, tu che non hai mai cercato visibilità) voglio ricordare, Beppe. È una cosa mia personale, ma non posso tacerla, non ci riesco, perché spesso torna alla mia memoria ed è oggetto della mia preghiera e della rilettura con amici sacerdoti che mi sono sempre stati vicini.
Alcuni momenti per me non sono stati facili e tu lo sai bene. In quei momenti, non posso e non potrò mai dimenticare la bontà tua e di Fulvia, come quella di tante altre persone. Porto nel cuore quando, con discrezione, ma mostrando di aver ben chiara la situazione e la necessità di intervento, arrivavi verso sera in segreteria e mi dicevi: “Don, la Fulvia ha a casa il ragù… vieni a cena! Ti aspettiamo!”. Ecco, non servono grandi strategie psicologiche, serve esserci. Quante volte le porte della tua casa si sono aperte per me e lì sono stato come uno della famiglia: questo mi ha sempre risollevato e fatto camminare, perché avevo con me chi mi voleva bene. Grazie Beppe, a te, a Fulvia e a chi ha camminato con me. Beppe, Beppe, quante ne combina il bene!
Mi fermo qui.. ma noi restiamo in contatto! Ah, Beppe, mi raccomando.. guarda che lassù non potrai fare come in oratorio, quando la sera, tra le nostre risate ti mettevi a girare per i corridoi gridando: “Si chiude. Si chiudeeeee!!!”. Lassù è sempre aperto per accogliere chi, terminato il cammino qui, viene a riposare nell’abbraccio di Dio. Spero tanto di trovarti lì Beppe e di sentire la tua voce anche a distanza che grida: “Ciao don, come va? Sei arrivato?”. Voglio rivedere il tuo sorriso, Beppe, aiutami a raggiungerti là. Spero di combinarne tante anch’io, perché.. lo sai Beppe.. quante ne combina il bene!