Negli anni ’50 del secolo scorso Giuseppe Dossetti fondò a Bologna il Centro di documentazione degli studi religiosi perché aveva capito che la Chiesa Cattolica era rimasta profondamente ignorante rispetto alla cultura del mondo, anche e forse soprattutto di quello cristiano.
E certamente pensava che la via si potesse trovare in colloquio con le altre religioni, specialmente confrontandosi finalmente con le altre famiglie cristiane e, attraverso lo studio approfondito della Bibbia nelle lingue originali, ritornando a guardare al cristianesimo delle origini. Quando fu indetto il Concilio Vaticano II molte erano le relazioni intessute e molti gli studi avviati.
I sogni conciliari, il dopo Concilio e i molti ritorni all’indietro
Oggi la Chiesa Cattolica rischia di essere in una situazione simile se non peggiore di quella preconciliare.
Non si tratta certamente di correre dietro a un mondo che sembra sempre più segnato dal male anche fisico di una terra che è stata inquinata dall’uomo, che ha lasciato inquinare il suo cuore. Non sto neanche dicendo che i tempi andati erano migliori, perché comunque QUESTO è il nostro tempo e dobbiamo darci da fare.
Il modello di Chiesa “ospedale da campo”, il mantenimento della fedeltà a Dio e della fedeltà all’Uomo mi sembrano indicazioni importantissime. Credo che il Papa abbia indetto e prolungato la stagione del Sinodo per rendere la Chiesa Cattolica capace di questo.
Una operazione forse simile a quella che precedette l’inizio del Vaticano II con i questionari ai religiosi, che misero in luce l’inadeguatezza di molta parte della chiesa italiana che si aspettava da Roma ulteriori condanne del mondo moderno e del comunismo.
Ci fu perfino un religioso che propose di proibire l’uso delle biciclette ai preti perché impacciati dall’abito talare.
Tra le tante questioni di cui parlare, vorrei qui porre l’attenzione sul matrimonio dei preti. Premetto che non lo faccio per ripopolare i seminari, né tantomeno per risolvere la crisi demografica dell’Europa.
La Chiesa Cattolica è diventata, nonostante il Vaticano II, sempre più un club ristretto per soli uomini. Diceva un mio parroco che ai fedeli interessava che il prete non rubasse e fosse buono e misericordioso, alla Curia che stesse lontano dalle donne.
Eccolo il nemico secolare: “femina” da “fè minus”, pericolosa, nata dalla costola di Adamo, che, come si sa, è curva; l’unico vero intoppo al mantenimento del potere del club per soli uomini.
Si è cercato di fare anche di Dio un maschilista
La misoginia della Chiesa Cattolica credo le abbia nuociuto moltissimo in questi ultimi cento anni. E non apriamo il capitolo suore, monache e sante: apprezzate più per la loro verginità che per la loro bontà e intelligenza.
E non mi si dica che Gesù non aveva apostole, o che era maschio e perciò… si è cercato di fare anche di Dio un maschilista. Fortunatamente gli studi biblici hanno spazzato via queste sciocchezze, frutto di culture e storie sbagliate.
Torniamo ai preti, celibi per voto o per comodo?
Il celibato ecclesiastico non è certo un dogma, lo ha detto chiaramente anche il Papa!
“Non sono ancora pronto a rivedere il celibato per i preti ma è una questione di disciplina. Niente a che vedere con il dogma, ma una cosa che oggi c’è e domani può non esserci”.
Incalzato dalla chiesa tedesca e belga, papa Francesco, che evidentemente pensa che il suo pontificato non durerà a lungo, ha detto e ripetuto con grande chiarezza questo concetto, come fosse un testamento prezioso per il suo successore.
Nei primi secoli del cristianesimo anche i vescovi erano padri di famiglia
Tra i primi cristiani non c’era di certo questa norna, anzi. Ad esempio i vescovi (episcopi, cioè sorveglianti) erano scelti tra padri di famiglia, con moglie e figli, perché potessero mettere al sevizio degli altri la propria saggezza ed esperienza di vita. Perfino monaci e monache, nell’Europa celtica, potevano, in certi casi, sposarsi.
Il celibato fu introdotto nell’XI secolo da Papa Gregorio VII, per ostacolare le alleanze familiari delle famiglie nobiliari che cercavano di dominare il potere indipendente della Chiesa. Il Concilio di Trento ratificò questa disciplina, nell’ambito delle decisioni prese in opposizione alla Riforma Protestante.
Del resto i preti cattolici di tradizione ortodossa si possono sposare, e i religiosi di confessioni non cattoliche che entrino nel cattolicesimo, qualora maritati, lo rimangono.
Non voglio certo dire che sia una cosa facile, sposarsi, per un prete.
Mi viene sempre in mente Giovanni Falcone, che diceva che uomini come lui non potevano avere una famiglia, ed è stato ucciso insieme alla moglie, sposata da pochi anni, magistrato in prima linea come lui.
Il prete è un “mestiere” duro e totalizzante, reso più faticoso oggi dalla mancanza di una fraternità con altri, dovuta anche alla scarsità di consacrati con cui fare vita comune. “Acqua fredda e fuoco spento”, la chiama un altro mio grande parroco.
Anche la fraternità fra preti è faticosa
Molti preti hanno anche difficoltà a vivere relazioni di amicizia o prossimità con i laici; non so se li hanno addestrati a stare tra di loro, per stare al sicuro in quanto “clero”, cioè “a parte”. Alcuni si innamorano, soffrono, fanno soffrire, hanno bambini inevitabilmente e vengono “spretati”.
Uso si proposito questo termine brutto perché questa cosa è brutta e violenta. Troppi di loro hanno una vocazione vera, cioè sono stati veramente chiamati, ma vengono trattati da traditori e “ridotti” allo stato laicale.
Quello che è singolare è che i loro fedeli stanno dalla loro parte, li capiscono, li trovano più veri e vicini a loro, rammaricandosi per le sofferenze e le perdite che queste norma impone.
La Chiesa cattolica ha in questi tempi perso molta della “vicinanza” con i propri fedeli e con gli uomini e le donne che vivono faticosamente la loro vita ogni giorno.
Se vogliamo veramente stare vicino a loro dobbiamo cambiare parecchie di queste “consuetudines”, rese superate dalla storia.
La gente è pronta, la Chiesa Cattolica, nonostante papa Francesco, temo di no.