
Ma poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca»
Le parole di Ap 3, 16 si prestano bene a sintetizzare ciò che è avvenuto alla seconda assemblea del cammino sinodale delle Chiese in Italia.
I commenti da parte dai padri e delle madri sinodali alle “50 Proposizioni” che erano state sottoposte al vaglio dell’assemblea, sintesi ultima del cammino sinodale compiuto in Italia negli ultimi 4 anni, parlano di un testo generico, sbiadito, privo di nervo, scritto con un linguaggio di quarant’anni fa, depurato da tante delle questioni e delle proposte che erano state sollevate nella fase sapienziale e epurato quindi da ogni possibile profezia. “La fase profetica sembrava aver prodotto un regolamento di condominio” è stato detto.
La pioggia di richieste di emendamenti è stata tale da rendere praticamente impossibile un semplice aggiustamento del testo e ha obbligato la Conferenza Episcopale Italiana ad un cambio di programma. Il documento è stato accantonato; verrà riscritto da cima a fondo e presentato a una nuova, non prevista, assemblea sinodale convocata per fine Ottobre.
Un esito così inaspettato e clamoroso merita qualche considerazione.
La prima è una buona notizia. Se è stata possibile una netta correzione di rotta prima che le Proposizioni venissero approvate è grazie alla decisione di papa Francesco che, a partire da questo sinodo, ha deciso di includere nell’assemblea sinodale anche i laici con pari diritto di diritto di voto e di sottoporre ogni Proposizione a votazione.
I laici sono la maggioranza, 530 su un totale di 1008 partecipanti, e tra di essi la presenza più consistente è di donne (277 contro 253 uomini). Forse se l’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi fosse rimasta composta da soli vescovi e cardinali, insieme ad alcuni esperti e uditori (tra cui anche laici e religiosi) ma con ruoli consultivi e senza diritto di voto, essa avrebbe avuto qualche difficoltà in più a smentire sé stressa. Il processo di democratizzazione in corso, e direi che non si può chiamarlo in altro modo, sta portando a sorprese inaspettatamente rapide.
Anche Mons. Erio Castellucci, coordinatore dei lavori in qualità di vicepresidente dell’assemblea sinodale è rimasto spiazzato delle severe critiche alle Proposizioni, tanto da dichiarare ironicamente “Sembravamo gli orsacchiotti del tiro a segno al luna park“. Pur avendo riconosciuto la sua responsabilità ci si chiede come è possibile che le Proposizioni non siano passate almeno dalle sue mani, da quelle degli altri vicepresidenti e del segretario generale del sinodo prima di approdare all’aula Paolo VI.
Se erano così impresentabili qualche voce poteva farsi sentire per tempo. Pochissimi di coloro che hanno potuto valutarle in anticipo hanno alzato una bandierina rossa. A mia conoscenza solo il teologo Andrea Grillo che, relativamente alle Proposizioni sul tema della Liturgia (vedi sito della Rivista Europea di Cultura https://www.cittadellaeditrice.com/munera/la-liturgia-ridotta-le-proposizioni-sinodali-italiane-come-occasione-perduta/) dichiarava per tempo: “se i testi conserveranno questo tratto un poco anaffettivo, maturato in un linguaggio tipico della rassicurazione burocratica, diventeranno soltanto il documento di una occasione mancata, del prevalere di un approccio amministrativo alla liturgia e ai sacramenti, e di una scarsa coscienza del valore decisivo che il linguaggio rituale ha non solo per i giovani, ma per tutti i discepoli di Cristo.”
È scorretto parlare di “rivolta al Sinodo”, come ha riportato la maggior parte dei quotidiani nazionali, ma sarebbe fuori luogo derubricare la vicenda a un pur serio intoppo lungo il percorso, causato da pochi burocrati troppo zelanti nel voler semplificare il testo delle Proposizioni.
Non è più onesto chiedersi se in una qualche misura, certo minore, anche in alcuni dei passaggi intermedi avvenuti al livello delle diocesi non ci sia stato un eccesso di prudenza nell’incanalare il percorso, nello stornare alcune tematiche, nel puntare molto prematuramente alla formulazione di finalizzazioni specifiche, proposte pratiche, togliendo così ampiezza di vedute e respiro al discernimento ancora in corso? Non deve essere sminuito il pericolo corso di rendere afona la voce di almeno 500.000 fedeli che hanno a vario titolo preso parte al lungo cammino sinodale compiuto finora e che ha seriamente rischiato di impaludarsi. Una riflessione critica in merito non è superflua.
“Sono ateo”
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