Il matrimonio è sacramento. Ma in che senso?

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Il matrimonio è una istituzione in crisi: le coppie si sposano sempre meno e sempre più tardi, mentre i coniugi dello stesso sesso farebbero carte false per potersi sposare come gli etero sessuali

Ovviamente il matrimonio cristiano è ancora più problematico, perché ai numeri in caduta libera, si aggiungono le difficili questioni della pastorale per i divorziati.

La grande fortuna della Chiesa istituzione sta nella bravura dei suoi preti che, vivendo ogni giorno a fianco degli uomini e delle donne immersi nelle difficoltà della vita, spesso sono costretti a inventarsi soluzioni piene di misericordia e comprensione, ma non del tutto ortodosse.

E poi ogni tanto succede che la “scure” della legislazione farisaica si abbatta proprio su di loro.

Tanto per ricordare. Un po’ di storia

Il matrimonio è un sacramento dalla storia assai breve, la sua codificazione definitiva si deve al solito Concilio di Trento (1545-1563), stabilito così più per marcare il distacco con i Protestanti che altro. Ma i contrasti ricominciarono molto presto con la legislazione napoleonica, laica, estesa a tutto l’Impero.

Il matrimonio è una delle più antiche istituzioni umane, codificata in modo sistematico dai Romani, che lo consideravano un libero contratto, basato sulla volontà dei coniugi, e pertanto rescindibile.

Il Cristianesimo, Paolo in primis, lo vide come un rimedio al bruciare della carne, inferiore al dedicarsi completamente alla edificazione del Regno per il ritorno di Cristo.

 Ben presto però il matrimonio riprese vigore e la Chiesa offrì il suo contributo allo Stato presenziando spesso ai contratti, benedicendo gli sposi all’entrata della chiesa, dove poi entrambi assistevano alla messa.

Con l’arrivo dei Barbari si dovette fare i conti con il loro diritto, che vedeva i matrimoni come alleanze tra clan, tanto che erano ufficiali anche unioni pre o post contratto, rese valide dall’amore tra i due soggetti.

Per i Romani era un contratto, per i Barbari un’alleanza tra clan… La Chiesa costretta, in vari modi, a barcamenarsi

Solo leggendo le cronache del tempo si può capire la difficoltà della Chiesa nel cercare di limitare questa girandola, distinguendo i tipi di matrimonio e le gerarchie trai figli.

Carlo Magno, pur considerandosi un nuovo Mosè, procreò fino a poco prima della morte con innumerevoli donne e parecchie mogli.

La Chiesa si barcamenò nei secoli, sia accontentando i sovrani con annullamenti per questioni di lana caprina, sia cercando di imporre divieti sempre più restrittivi (come l’incesto anche tra cugini) per scongiurare abusi e violenze derivate da scambi di feudi, terre e reami.

Intanto la gente comune gradiva sempre di più ogni tipo di benedizione, di interventi religiosi dalla culla alla tomba per assicurarsi un posticino in Paradiso. E ahimè la Chiesa si accorse di che grande business fosse tutto ciò.

L’invenzione dei tariffari per ogni sacramento, benedizione, giubileo, costruzione o festa fece da innesco per la rivolta luterana.

Patrimonio e matrimonio. La donna

Ma mettendo da parte la storia, altre questioni più di sostanza rimangono anche oggi.

Cominciamo dalle parole: patrimonio e matrimonio.

I beni sono amministrati e posseduti dal pater familias, cioè l’uomo.

Il matrimonio, destina la donna a essere madre, altrimenti non serve a niente. La procreazione è l’unico scopo, per rendere così lecito anche il sesso.

Il vero problema è che, prima del DNA, mater semper certa, pater… come recita sconsolato il diritto romano. 

La libertà per il maschio il regime di sorveglianza per la donna

Le donne devono essere scelte, sorvegliate, maritate dai 12 anni (diritto canonico), devono partorire, se nobili, davanti a un sacco di gente che controlla, sono alla mercé dei loro confessori.

Gli uomini potevano fare ciò che a loro garbava. Avete presente il delitto d’onore?

Per avvalorare la tesi dell’unico matrimonio valido, che conferiva un grande potere a una Chiesa sempre meno potente, che si aggrappava (aggrappa?) al potere morale sulla società e le anime/coscienze, grande rilievo prese la motivazione teologica: come Dio ama la Chiesa, così il marito ama la moglie.

Che ne dite della metafora? E’ di origine paolina, ma fa qualche problema.

Sono grandezze non commensurabili. Come potrà mai la moglie essere parte paragonabile al marito, figura di un Dio padre, che invece che “vento leggero” è un anziano spesso collerico e geloso in barba bianca?

Matrimonio “indissolubile”

E veniamo alla parte della formula sponsale che riguarda l’indissolubilità del matrimonio.

Annullamenti a parte, non è stato certo un problema fino a un secolo fa.

Le donne morivano di parto e la metà dei figli non sopravviveva.

Un marito che arrivasse alla bella età di sessant’anni, poteva aver “consumato” in media tre mogli.

Ancora oggi si dice “nato con la camicia”. Si riferisce al fatto che i bimbi nati “con la camicia” erano bimbi fortunati, perché avevano buona possibilità di avere una mamma, sopravvissuta al parto grazie all’espulsione naturale della placenta.

Ma oggi? Grazie a Dio e alla conoscenza messa al servizio del bene, morire di parto in occidente è raro. La vita si è allungata parecchio, vedovi e vedove si trovano subito un sostituto, le donne studiano e lavorano, talebani nostrani permettendo.

E parole come indissolubile e per sempre hanno meno significato.

Oggi ci si sposa di meno e si ammazzano molto le mogli o le compagne

Come i pubblicani che interrogavano Gesù sul permesso di ripudio dato da Mosè, verrebbe da dire: “Se questa è la situazione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi” Mt. 19, 3-12).

Infatti ci si sposa poco e si ammazzano molto le mogli o le compagne.

La Chiesa dovrebbe ripensare questo sacramento, sia venendo in contro ai tanti divorziati o risposati che cercano Dio con cuore sincero, e non svilire il matrimonio riammettendo ai sacramenti solo quelli che rinunciamo al “nuovo talamo”, sia permettendo uno scioglimento guidato, che non sia percepito così truffaldino come la Sacra Rota.

Anche ai sacerdoti è permesso, con tanta sofferenza, di sciogliere un patto, perché agli esseri comuni no?

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