Dopo Papa Francesco. Impossibile tornare indietro

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I cardinali dovranno scegliere se seguire il solco tracciato da Papa Francesco.
Dentro la Chiesa gesti e parole di papa Bergoglio hanno trovato forti resistenze.
Ma Francesco ha mostrato sempre coraggio inaudito e libertà soprendente

Sono passati pochi giorni ma già riemergono, in modo prepotente, parole e gesti di un pontificato – quello di Francesco – il cui destino sarà deciso nelle prossime settimane. Gli elettori del Conclave dovranno scegliere il nuovo papa ma, ancora di più, dovranno decidere se proseguire nel solco di quella riforma tenacemente voluta, ma in parte non realizzata, di Bergoglio.

Non sarà facile. La storia della Chiesa insegna che, quasi sempre, dopo un papa che apre verso direzioni nuove, si arretra per bilanciare ed equilibrare forze messe sottosopra. E certamente il pontificato di Francesco è stato per tanti  – soprattutto vescovi e preti – difficile da reggere. Quante volte mi è capitato di ascoltare sacerdoti molto infastiditi da uscite del papa ritenute eccessive o non prudenti! 

I gesti e le parole controcorrente

L’eloquenza dei gesti, l’ha chiamata sapientemente il vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brembilla: la scelta di abitare a Santa Marta, il suo primo viaggio a Lampedusa; i sedici incontri con i carcerati; la preghiera solitaria in Piazza San Pietro; il bacio ai piedi dei leader del Sud Sudan; la sosta sulle tombe di don Lorenzo Milani, don Tonino Bello, don Zeno Saltini, don Primo Mazzolari; le telefonate quotidiane al parroco di Gaza. Fino alla scelta, fatta poco prima di morire, di donare duecentomila euro al pastificio del carcere romano di Casal di Marmo. C’è solo l’imbarazzo della scelta.

Poi le parole, mai paludate: contro il clericalismo, per “la Chiesa in uscita” con “pastori con l’odore di pecore”, la “terza guerra mondiale a pezzi” e la “globalizzazione dell’indifferenza”, “un’economia che uccide” e produce, senza ritegno, “scarti”, le ferme, fermissime parole per la pace, contro i mercanti di morte.

Infine i testi a partire dall’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium, il suo vero e proprio “manifesto programmatico” con i quattro principi che hanno regolato molto l’azione pastorale di Francesco: il tempo superiore allo spazio, la realtà superiore all’idea, l’unità sul conflitto, il tutto superiore alla parte; la potenza della Laudato Sii (enciclica che in questi giorni compie dieci anni, pochissimo amata, letta e studiata nel recinto ecclesiale), la sfida della Fratelli tutti.

Le scristianizzazione che avanza

Tutto questo nella consapevolezza che in Occidente sta finendo un mondo e il nuovo che avanza è sotto il segno evidente di una scristianizzazione selvaggia e senza limiti. Lo ricordava nei giorni scorsi con lucidità Massimo Cacciari: “Papa Francesco ha iniziato una rivoluzione, con gesti decisi e precisi, a partire dalla scelta di prelati, vescovi e cardinali. Ma è tutto in fieri, non è detto che riesca. E intanto il processo di scristianizzazione del mondo occidentale prosegue». E alla domanda su cosa intende per scristianizzazione del mondo occidentale, il filosofo veneziano risponde: “Viviamo in un mondo che ha dimenticato Cristo, e lo dico da non credente. Non c’è più neanche un riferimento ipocrita alla tradizione cristiana: è evidente da personaggi come Trump, ma anche nella vita quotidiana. La nostra religione è il progresso diventato sviluppo, e tutto si misura su quel metro.”

Di fronte a questo cambiamento radicale del paradigma culturale papa Francesco ha assunto la sfida tornando a indicare con forza la centralità del Vangelo e mostrando la necessità di coniugare una profonda vita spirituale con la cura dell’umano. Con coraggio inaudito e libertà sorprendente.

Al punto che il muro di separazione tra il Papa e il popolo pare essere stato definitivamente abbattuto. Indietro non sarà più possibile tornare. Nonostante i tanti che nella Chiesa ancora lo desiderano.

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Martino Rovetta

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