Il sogno di una scuola

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Costudire l’umano – rubrica a cura di Ivo Lizzola
“Fare scuola” è come far ripartire il mondo.
La scuola crea sorprendenti, inattesi legami.
E può traboccare una vita nuova e fresca

Si “nasce insieme”

In ogni infanzia si rifà la prima settimana del mondo. Delicato e grande privilegio vivono gli adulti che accompagnano le bambine e i bambini che si avviano nella conoscenza. Conoscenza, come scrivono i francesi, è co-naissance, cioè co-nascita: chi conosce e ciò che viene conosciuto nascono insieme, come insieme nascono (co-nascono) tutti quanti partecipano e tutto quanto partecipa alla conaissance.

Così facendo, iniziando a tracciarne l’avventura, “rimettono al mondo il mondo”, per usare parole di Marìa Zambrano, che sapeva ascoltare ciò che nasce.

‘Aprendo’ una scuola, ‘facendo scuola’, è come se si partecipasse alla creazione

Quando una comunità di donne e uomini, di famiglie, si raccoglie attorno alle infanzie (e poi alle adolescenze) che ospita e cura, ‘aprendo’ una scuola, ‘facendo scuola’, è come se partecipasse alla creazione. E potesse vivere l’origine.

Insegnare e consegnare simboli e linguaggi, tecniche e ricerche, capacità ed indagini, costruzioni e creazioni: gli adulti sanno, in coscienza, che quando lo fanno non possono non essere riportati alla loro origine. Al senso e alla promessa, al patto e al valore che li abitano. Questo avviene di generazione in generazione: un nuovo inizio e una risorgiva dell’origine. E la comunità, anche un po’ dispersa e provata, vi si ritrova

Nell’esperienza dell’insegnare la comunità si ritrova

Trova l’origine dei suoi gesti, delle sue parole e dei suoi saperi: che sono nella cura e nella coltivazione fraterne, nella ricerca e nell’ascolto della verità. Trova l’origine delle sue storie, delle sue memorie e delle sue testimonianze: che sono nella ricerca della giustizia, del riconoscimento della dignità di ogni persona, nella capacità di dedizione e di perdono dopo la frattura e l’offesa.

L’origine delle sue speranze, delle sue capacità di resistenza nelle prove e nei drammi, dei suoi respiri di libertà: che sono serbati nei racconti e nell’arte, nelle preghiere e nei riti, nelle generosità e nello stringersi in storie comuni.

Come siamo chiamati a fare ora, nelle nostre comunità, tra le generazioni. E nel mondo.

Le nostre scuole possono essere quelle “oasi di fraternità”, quelle “piccole arche di Noè” per l’attraversamento

La scuola è, spesso, il luogo più importante del legame, della domanda, della promessa e della speranza riconosciuto da tutti in una comunità. Dove le responsabilità reciproche, la cura di sé nello studio e i progetti d’offerta di capacità e presenza per coltivare futuro ne sono i segnavia. Le nostre scuole possono essere quelle “oasi di fraternità”, quelle “piccole arche di Noè” per l’attraversamento, di cui parla Edgar Morin nel piccolo libretto-testamento “La fraternità”. Perché? In esse si possono serbare, e tornare a sentire la vita, la meraviglia, il dono, la bellezza, la possibilità.

Ne abbiamo un gran bisogno. Abbiamo bisogno di sentire benedizione. Anzitutto noi adulti, un poco storditi dalla crisi delle sicurezze e delle logiche funzionali e tecnocratiche. Dalla crisi dei poteri e dei miti sfiniti della eccellenza, dello sviluppo, dell’accumulo, del merito.

La scuola può riaprire l’alba nella comunità.

Può fare sentire l’aperto quando si avverte corto respiro e chiusura. L’aperto nel tempo: pensiero al domani come rinascita, come inizio possibile, importante se si è vissuta una ‘consumazione del tempo’. Come han fatto, giovani, i nostri nonni, e tanti nel mondo in tempi diversi. E l’aperto nello spazio: il futuro chiede equilibri nuovi con la natura e l’ambiente, e relazioni attente e di corresponsabilità tra popoli e culture: “fratelli tutti”. Dovremo imparare questo vivere l’aperto, costruirne i saperi ed il sentire.

Sull’alba la scuola può fare andare nel profondo, che è oltre calcolo e misura, oltre sola correttezza di regole e grammatiche, di cui pure c’è bisogno. Il profondo è anche oltre spiegazioni, risoluzioni, cause e ragioni, e classificazioni e schemi, che pure sono punto di partenza. Il profondo è interrogazione, è questione, è fronteggiamento dell’inspiegabile e dell’ingiusto. E’ trafficare con il limite ed il dolore, è sentire obbligo ed amore. E’ contemplare e non solo leggere un’opera d’arte; riaprire relazioni, non solo applicare norme.

La scuola apre a ciò che fa traboccare la vita

La scuola può fare tenere relazioni, farle riapparire sull’alba, scoprire possibili; e far sì che ci si creda, lo si torni a credere: Nelle pratiche di comunità di ricerca, nell’inclusione di ogni particolarità unica, nel vivere conflitti e nel fare cerchio. Perché, come scrive il profeta Gioele, “i vostri figli profeteranno (…) i vostri vecchi consegneranno sogni” (3,1). I nostri figli saranno iniziatori e dobbiamo affidare loro saperi e sogni, capacità e visioni di bontà e giustizia. Cui tante donne e uomini hanno dedicato la vita, e la dedicano.

Nella scuola, anche in una piccola valle, in un piccolo paese, la comunità si raccoglie sull’orizzonte, quello che si vede meglio al tramonto e all’alba. Sull’orizzonte si sente il cammino, sicuramente, ma si sente anche l’invio, la destinazione, la promessa. A scuola, sull’orizzonte, almeno lì questo va stretto, va tenuto negli occhi, va cantato insieme.

La Meraviglia donata che ci può salvare

Sì, nella scuola, dove portiamo e insegniamo il meglio di quel che abbiamo ai nostri piccoli, alle nostre ragazze, una comunità non vive solo lo sforzo di disciplinare la vita ma soprattutto quello di aprirla a ciò che la fa traboccare. Quello che Francesco, il Papa ‘venuto dalla fine del mondo’, ha chiamato el desborde, il traboccamento. Precisando che il traboccamento si dà nel cammino, nella itineranza. A scuola, quando la vita vi entra, si vive il traboccamento dei saperi verso la ricerca del loro sapiente utilizzo, dei poteri e delle possibilità verso gli esercizi di responsabilità e gratuità, delle utilità verso l’impegno per l’equità e la giustizia. Desborde è dialogo e confronto contro i pregiudizi, è cura dell’interiorità contro il narcisismo. Desborde è sentire la trascendenza.

Servono come l’aria, serviranno nei mesi e negli anni, luoghi riflessivi, luoghi di verità e di narrazione, di domanda e di confessione, di ascolto e di confronto. Luoghi riflessivi e di cura: quella che dobbiamo a noi stessi, mentre guardiamo negli occhi le nostre piccole e i nostri piccoli. E vi vediamo “le vite irripetibili come le primavere”, come scrive Davide Maria Turoldo.

Questa la Meraviglia, donata, che ci potrà salvare.

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