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Rocchetti/Ernesto Balducci. Profeta dell’uomo planetario

Da laico nella città/Ricorre quest’anno il centenario della nascita di Padre Ernesto Balducci.
Balducci raccontava spesso, e con orgoglio,
che il suo primo maestro era stato Manfredi,
il fabbro del suo paese, Santa Fiora, nel grossetano, alle pendici del monte Amiata.

Oggi è uno dei borghi più belli d’Italia ma settant’anni fa era ricco solo di cinabro, un minerale composto da zolfo e mercurio, che segnava la vita dei suoi abitanti, per lo più minatori. Manfredi, come tanti suoi compaesani del resto, era anarchico e anticlericale.

Quando Ernesto Balducci, appena dodicenne, decise di entrare in Seminario, presso i Padri Scolopi, gli disse: “Bada ragazzo, non farti rovinare dai preti”. Trent’anni dopo, nell’estate 1964, dopo la condanna subita per aver difeso l’obiezione di coscienza e gli obiettori al servizio militare, torna a Santa Fiora a pregare sulla tomba del babbo Luigi, anche lui un minatore. Ad un certo punto Balducci incontrò il vecchio Manfredi che lo abbracciò dicendogli: “Bravo Ernesto, non ci sono riusciti”.

Un credente dallo sguardo lungo

Padre Ernesto viene ordinato sacerdote nel 1945 e destinato a Firenze, dove si laurea in Lettere e Filosofia con una tesi su Antonio Fogazzaro. Qui incontra Giorgio La Pira con cui avvia una profonda collaborazione. E’ grazie al Sindaco di Firenze che Balducci si interessa alle tematiche sociali e politico-culturali. Nel 1952 fonda il “Cenacolo”, esperienza nuova che cerca di superare la semplice assistenza e che si basa sulla formazione religiosa, teologica e spirituale, con una particolare attenzione ai problemi politico-sociali.

Nel 1958 dà vita alla rivista “Testimonianze”, allo scopo di promuovere una fede che si fondasse sul valore della testimonianza, ispirandosi alla spiritualità dei Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld. Balducci esprime l’esigenza di apertura sociale e di dialogo nel mondo cattolico, soprattutto giovanile. Sono gli anni di feconde amicizie: con don Lorenzo Milani e don Primo Mazzolari, con Luigi Santucci e Carlo Bo, don Giuseppe Dossetti e padre David Maria Turoldo.

La censura romana del Santo Uffizio colpisce le iniziative di La Pira, considerate troppo innovatrici, e allontana i suoi collaboratori: Balducci è mandato prima a Frascati, poi a Roma e per “ironia della Provvidenza” ciò gli permette di seguire da vicino i lavori del Concilio.

Diventa spesso bersaglio di molte polemiche a causa delle sue prese di posizione, in particolare quella relativa alla difesa dell’obiezione di coscienza. Sono anni in cui viene isolato anche dal mondo cattolico. Dalla fine degli anni Sessanta, la Badia Fiesolana, un convento alle porte di Firenze, appartenente alla diocesi di Fiesole, diventa un luogo straordinario di incontro tra credenti e non credenti, un laboratorio di ricerca e di pensiero.

Promuove numerose iniziative culturali di grande spessore (tra cui la famosa “Se vuoi la pace, prepara la pace”), scrive libri, saggi, articoli, e partecipa ad incontri in tutta Italia. Nel 1986 fonda la casa editrice “Edizioni Cultura della Pace”, pubblicando lui stesso le biografie di Francesco d’Assisi, Gandhi e La Pira. Muore il 25 aprile 1992 a causa di un incidente stradale, avvenuto al ritorno da alcuni impegni pubblici.

Un uomo di confine, uomo planetario

Padre Balducci fu certamente un “uomo di confine”, anticipatore di tempi che anni dopo si sono rivelati centrali nella riflessione pubblica.
Penso, anzitutto, al tema dell’urgenza della pace:

Le chiese intuiscono che la transizione alla civiltà della pace è come un appuntamento storico che Dio ha loro fissato e su cui le giudicherà. Una Chiesa veramente evangelica è come un’obiezione di coscienza piantata da Dio nella carne viva del mondo (…) Secondo alcuni, è già matura la stagione per un concilio ecumenico in cui le chiese si ritrovino non per lanciare un nuovo messaggio al mondo ma per assumersi (…) la responsabilità della sopravvivenza del mondo e, in positivo, dell’avvento della civiltà della pace”.

Andrea Cecconi, presidente della Fondazione Ernesto Balducci e autore di una bella biografia che merita di essere letta (“Non sono che un uomo. Ernesto Balducci. Un profilo biografico”, Edizioni San Paolo, marzo 2022) sostiene che padre Ernesto non era un pacifista ma un uomo di pace.

Se vuoi la pace prepara la pace”, diceva, stravolgendo l’antico detto romano “Si vis pacem, para bellum”. La pace non può essere solo assenza di guerra. Come primo passo in tal senso, Balducci indicava la necessaria cancellazione della categoria del “nemico” a favore di una cultura vera della pace. Per questo voleva dar voce ai poveri, alle istanze di giustizia degli ‘ultimi’, degli emarginati, dei migranti. Voleva dare eco a chi voce non ha. Perché la pace ha sempre a che fare con la giustizia e la difesa dei diritti umani. Dunque con la necessità dell’impegno e della responsabilità. Altrimenti, rischia di essere una parola vuota e retorica.

E poi il suo grande ultimo tema: l’uomo planetario.

Quella che io propongo non è la distruzione delle identità tradizionali, è l’opzione per un’identità nuova in cui potenzialmente si ritrovino tutte le identità elaborate dal genere umano nel suo lungo cammino. Ha poco senso, per me, il trapasso da un’identità all’altra di quelle che formano il volto policromo dell’umanità attuale… L’uomo vero a cui dobbiamo ormai convertirci non sta lungo il perimetro delle culture esistenti, sta più in alto, ci trascende, con un trascendimento che è già inscritto nelle possibilità storiche, anzi già prende forma, qua o là”.

Padre Ernesto era mosso dalla consapevolezza che la svolta antropologica in corso obbligava a rimettere in discussione l’eurocentrismo e gli stessi paradigmi di uno sviluppo ingiusto e non sostenibile, prefigurando la “coscienza planetaria” come “principio regolativo” del pensare e dell’agire.

Anche le fedi sono ad un bivio: se rimanere dentro un recinto sempre più stretto o capaci di avviare un dialogo che sappia riconoscere e dare valore all’alterità. Un’etica planetaria capace di sfidare attorno alla cultura della pace la politica e l’ecologia. Dove ciascuno di noi deve imparare a vivere una doppia fedeltà: alla propria identità presente e a quella futura, da costruire insieme agli altri e aprendosi agli altri.

Per questo, ogni identità è sempre “parziale” e sempre “aperta”. Con lucidità, scriveva: “Il futuro del mondo non è quello del dominio di una cultura su tutte le altre ma quello della convivenza di tutte le tribù della terra. E la convivenza vuol dire: primo, recuperare il villaggio perduto con tutto il patrimonio di umanità che esso aveva elaborato; secondo, aprirlo senza pretese di dominio alla solidarietà verso tutti i villaggi del mondo”. 

Insomma, padre Ernesto Balducci è stato davvero un credente che laicamente ha mostrato la fede come passione per il mondo e impegno per la pace. Un testimone, a volte scomodo come scomodi sono sempre i profeti, che andrebbe letto e studiato di più. Anche dentro le nostre Chiese, a volte così troppo ripiegate dentro i loro piccoli e angusti soffitti.

Per un confronto con un altro profeta diverso e diversamente interessante: Don Sergio Colombo 

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