Dalle armi alla pace e alla fraternità

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Il Sermig e Ernesto Oliviero.
Una “scuola” per i giovani.
Le parole di papa Francesco

Da arsenale di guerra a arsenale di pace

Attraverso la fede e la buona volontà di Ernesto, di sua moglie e del primo gruppo del Sermig è diventato il sogno di tanti giovani. Un sogno che ha mosso braccia e gambe, ha animato i progetti, le azioni e si è concretizzato nella conversione di un arsenale di armi in un arsenale di pace.

Così papa Francesco nei giorni scorsi durante l’udienza concessa ad un folto gruppo del Sermig-Servizio missionario giovani. Il Papa ha ringraziato per le armi della pace, fabbricate artigianalmente attraverso l’esperienza nell’Arsenale della Pace:

Nell’Arsenale i giovani possono imparare concretamente a incontrare, a dialogare, ad accogliere. Questa è la strada, perché il mondo cambia nella misura in cui noi cambiamo. Mentre i signori della guerra costringono tanti giovani a combattere i loro fratelli e sorelle, ci vogliono luoghi in cui si possa sperimentare la fraternità

Chi l’avrebbe mai detto quando nel 1580, nel quartiere popolare di Borgo Dora, si apre una fabbrica di polveri da sparo? O quando, dopo l’incendio del 26 aprile 1852, per volere del re Vittorio Emanuele II la struttura viene trasformata in “Arsenale delle costruzioni di Artiglieria di Torino”, la prima fabbrica di armamenti della storia italiana?

Una lunga storia

Un’area di 45mila metri quadrati, fino a 5mila operai coinvolti da dove uscirono gran parte delle armi usate dall’esercito sabaudo e italiano nelle guerre del risorgimento e nelle guerre mondiali. Bombardato e danneggiato dagli Alleati  nel 1942 e nel 1945, occupato dopo la ritirata tedesca dai partigiani che lo trasformano in fortino, alla fine della guerra, del Regio Arsenale di Torino non rimaneva granché, e il declino fu inesorabile.

Abbandonato e dimenticato per lunghi anni, fino al 2 agosto del 1983 quando centinaia di ragazzi e ragazze, spendendo migliaia di ore di lavoro manuale, decisero di dare una seconda vita all’ex fabbrica di armi e di farla tornare ad essere un Arsenale, Stavolta, però, un Arsenale della pace a pochi metri da Porta Palazzo, il cuore multietnico di Torino.

Ernesto Olivero

A capo dei tanti giovani era Ernesto Olivero, un bancario che vent’anni prima aveva dato vita al Sermig. Ho ben presente quando lo incontrai, molti anni fa, la prima volta. Fu una sorpresa: scoprii che era sposato con Maria, padre di tre figli e che lavorava come bancario al San Paolo. Un laico che con sua moglie e alcuni amici cercava di prendere sul serio il Vangelo. Di tradurlo nella vita, senza se e senza ma.  Pareva perfino ingenuo nella sua passione, nel suo raccontare l’urgenza di una fede che diventava credibile solo se diventava azione, se ci si sporcava le mani con le vicende degli uomini. Mi parlò dei suoi amici: della paternità nei loro riguardi di padre Michele Pellegrino, uno dei più grandi vescovi del dopo Concilio in Italia, di mons. Helder Camara, di frere Roger di Taizè e Giorgio La Pira.

“…mi rimase ancora addosso l’idea di un sognatore con i piedi per terra

Qualche anno dopo andai a trovarlo a Torino. Ascoltandolo di nuovo, mi rimase ancora addosso l’idea di un sognatore con i piedi per terra. Mi raccontò che all’inizio pensavano di aprire, proprio sui resti di un luogo di morte, una grande biblioteca della pace. Ma una sera, durante un incontro, un ragazzo gli puntò il dito addosso dicendogli: “Tu, Olivero, stanotte dove dormi?”. Davanti al suo silenzio, il ragazzo gli ricordò che a Torino vi erano solo una vetina di posti per chi non aveva alloggio. “All’epoca lavoravo ancora in banca, ma decisi che anche se l’indomani  avrei dovuto presentarmi al lavoro, quella notte l’avrei passata in stazione e scoprii l’inferno”.

Da allora l’Arsenale è diventato una porta aperta, nel cuore della città, per chi fa più fatica. Un luogo di accoglienza, sempre aperto, 24 ore su 24, per migliaia di persone: senzatetto, profughi, donne sole con i loro figli. Centro di molte attività di formazione professionale, la Scuola per artigiani restauratori, l’Accademia musicale laboratorio del suono, l’Università del dialogo. Punto di riferimento per tantissimi giovani (anche da Bergamo) che desiderano fare un’esperienza di servizio, formazione e spiritualità. Ma anche uno spazio orante dove vive stabilmente una fraternità di fratelli e sorelle che con la Regola del Vangelo e una scritta da Ernesto qui hanno consacrato la loro vita.  Un monastero nel cuore della metropoli, per far rifiorire il deserto.

Oggi – ha detto papa Francesco al gruppo ricevuto in udienza –  abbiamo l’occasione di ringraziare insieme il Signore per il Sermig, che è una specie di grande albero cresciuto a partire da un piccolo seme. Così sono le realtà del Regno di Dio.

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