“Presentazione del Signore”

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E’ la festa della Presentazione del Signore al tempio. Per i testi liturgici clicca qui.
Il vangelo di Luca di oggi ci presenta l’incontro di due giovani sposi con il loro bambino e due vecchi.
Simeone canta: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace…”

Il tempio e il suo splendore. Due giovani sposi, il bambino, i vecchi

La madre era considerata impura e doveva “purificarsi”. La cerimonia aveva luogo il quarantesimo giorno. I genitori dovevano offrire un sacrificio al tempio. Questo stabiliva la legge. Luca insiste molto proprio sull’osservanza della Legge. Giuseppe e Maria appartengono a quel “popolo di poveri” che amano Dio, osservano la sua legge, sono buoni e giusti. 

Giuseppe e Maria, dunque, si recano al tempio, centro religioso e politico di Israele. Lì trovano, loro “poveri di Jahvè”, altri poveri come loro, Simeone e Anna. Chi sono costoro? Non si sa. Non si deve neppure sapere, sembra dire Luca. Non sono personaggi ufficiali; si trovano ai margini della vita pubblica, ma sono al centro della storia della salvezza.

Luca dice infatti che lo Spirito Santo li aveva ispirati (lo ripete spesso, Luca, questo dettaglio, così come aveva ripetuto spesso il dettaglio dell’osservanza della Legge) e così avviene che, mentre Simeone e Anna si trovano nel tempio, la loro attenzione non è attratta dal Tempio e dal suo splendore, ma da un bambino e da due giovani genitori sconosciuti.

In loro e non negli ori e nell’incredibile splendore della casa di Dio si rivela la misericordia di Dio: Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio. In un certo senso il Tempio serve da sfondo alla vera rivelazione. Il cuore del tempio è il Bambino. Simeone lo prende in braccio. Si potrebbe dire che Simeone “espropria” i genitori del bambino. Quel bambino, infatti, appartiene a tutta l’umanità e non soltanto ai suoi genitori. Forse Luca pensa al mondo ebraico, ormai vecchio, che rinasce, in un qualche modo, grazie a quel bambino. 

“I mei occhi hanno visto la tua salvezza”

Simeone, con il bambino in braccio, esclama il suo “cantico”. L’ora della partenza per lui è arrivata, ma essa coincide con l’arrivo della salvezza: i suoi occhi l’hanno vista, la sua partenza, di conseguenza è “nella pace”, come si conviene al servo che è rimasto fedele per tutta la durata della sua esistenza al Padrone che lo amato e salvato. Ma quella salvezza, che parte dai bambini, dai vecchi, dalla parte fragile dell’umanità, è per tutti. Proprio perché è capace di salvare gli umili e i poveri, coloro ai quali nessuno pensa, Dio è capace di salvare tutti. Di fronte a quello che Simeone dice Maria e Giuseppe si stupiscono. 

A questo punto il cielo luminoso dell’infanzia è come se si rabbuiasse. Simeone parla alla madre e dice che Gesù, salvezza, da alcuni sarà rifiutato: è l’aspetto tragico della salvezza: è la divisione fra chi si salva e chi no, fra chi accetta e rifiuta. Il bambino diventerà segno di contraddizione e lo sarà in maniera speciale e dolorosa proprio per la madre. E anche a te una spada trafiggerà l’anima.

Il racconto si conclude con il ritorno alla normalità. Il bambino cresce soprattutto in sapienza, nella “intelligenza spirituale” che si rivelerà nella “scappata” di alcuni anni dopo e che Luca racconterà nel passaggio immediatamente successivo. E crescerà nella grazia di Dio, il che susciterà la meraviglia e lo stupore della folla.

Il Bambino e i due vecchi

I protagonisti sono il bambino e due vecchi: la presentazione è presentazione di un bambino omaggiato dai vecchi. L’inizio e la fine della vita. I punti di passaggio, pieni di speranza e di paure. Noi abbiamo la tendenza a rifiutare la vita che comincia e a temere la vita che finisce.

La debolezza ci fa paura. Trionfa la forza. La guerra, l’oppressione dei poveri, dei deboli… Assistiamo alla esibizione della forza, quella militare, quella politica. La forza esibisce ed esalta se stessa. Non si mette al servizio dei deboli e dei poveri.

E’ davvero un mondo altro rispetto a quello dei “poveri di Jahvè” che si incontrano nel tempio di Gerusalemme.

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