
Gesù è maestro nella barca. Ricorda ai discepoli e a noi che è necessario “andare in piazza” o, se preferiamo l’immagine che ci viene offerta dal vangelo di oggi, bisogna prendere il largo. Cioè: è necessario che il cristiano dia una buona testimonianza anche “al di fuori”, nei luoghi della vita quotidiana, del lavoro, della politica… Il buon cristiano è buono anche fuori di chiesa. Non basta dire “che schifo”. Se la politica, ad esempio, è un mondo con molte passioni sbagliate, portiamo dentro noi un po’ di passioni buone: passione per la giustizia, amore ai poveri, passione per i giovani e il loro lavoro…
Ma siamo peccatori. Siamo peccatori? Quando diciamo che non abbiamo ammazzato nessuno e quindi ci sentiamo tranquilli, che cosa diciamo? Diciamo che non abbiamo fatto l’esperienza di Pietro, l’incontro con Dio. Dio è stato addomesticato, quindi si accontenta di tutto, non fa più paura e non mette più gioia. Ma non è più Dio. Il “santo timore di Dio” è stato cancellato dalla coscienza cristiana. L’avevamo inteso come paura e quindi ci siamo sentiti liberati quando non abbiamo più provato paura. La paura non è il timore di Dio, certo. Ma il timore di Dio è il segno sicuro che abbiamo incontrato Dio. Altrimenti, se non proviamo nessun senso grande di fronte a lui, timore o gioia, perché dovremmo seguirlo?
Dovremmo rifare nella nostra vita l’esperienza descritta dalla prima lettura. Il tempio di Gerusalemme trema, se siamo resi degni di guardare in faccia Dio e parlare di lui è perché lui ce ne ha resi degni. Davvero “tutto è grazia”: la sua Parola, la bella notizia e il fatto stesso che noi ne possiamo parlare… e in questa messa, qui noi, oggi.