
Lo schema del profeta Geremia, prima lettura, è semplice: Beato l’uomo che sta con il Signore; maledetto l’uomo che si allontana da lui. Il profeta illustra la sua verità con l’immagine facile per l’uomo mediorientale che sa che cosa vuol dire una pianta che deve crescere in un deserto e un’altra che cresce vicino a un fiume…
Siamo così ricchi, ricchi di tutto. Ma noi sacerdoti che, senza averne nessun merito, raccogliamo talvolta le confidenze delle persone, siamo impressionati dal diffondersi delle sofferenze che arrivano ovunque, anche là dove ci sono ricchezza e benessere. Ma il Signore oggi ci dice che i poveri sono beati.
Che cosa vuol dire? La povertà può essere il regime giusto per capire che cosa significa fare un dono e riceverlo. Il dono più bello è il dono senza ritorno e senza ricompensa. Il povero, sia il povero di soldi, sia il povero di compagnia e di tutto, si trova nella situazione giusta per capire come è cosa grande ricevere senza dover dare, essere consolati senza dover consolare, avere compagnia quando non si riesce a restituirla.
Questo vale in maniera speciale per i credenti che ricevono la “salvezza”, il senso ultimo della loro vita dal Signore che muore per loro. Dio nel Figlio ci dà tutto e noi non abbiamo nulla.
È la sproporzione tipica che noi chiamiamo anche “grazia”: il tutto di fronte al nulla, il santo di fronte al peccatore.
Noi siamo costantemente gratificati: riceviamo tutto e l’unica nostra grandezza sta nel rendere grazie.