La cattura di Matteo Messina Denaro ha suscitato una marea di notizie, commenti, discussioni. Era inevitabile. Tutti hanno parlato di una grande vittoria della giustizia e dello Stato. “Ma la mafia non è debellata”, si legge in tutti i giornali, i siti, i tg… E si aggiunge anche che la mafia nuova non è più quella stragista di Messina Denaro. La mafia non è sparita, c’è ancora: ha soltanto cambiato pelle e forse non solo la pelle. Appunto.
La mafia è un’immagine convincente di quel capitolo, marginale e dimenticato, del messaggio biblico che è il peccato originale. La si è ridotta alla banale marachella di Adamo ed Eva che hanno mangiato una mela che, chissà perché, non dovevano mangiare. Si tratta di ben altro. Quel racconto ha la pretesa di rispondere a una domanda impegnativa: da dove viene il male che ci assale da tutte le parti? Come mai questa tragica attrattiva verso il basso che sonnecchia nel cuore di ogni uomo e che esplode poi nelle violenze, nelle guerre, nelle malvagità private e pubbliche, dappertutto?
L’uomo è sempre tentato di mettersi al posto di Dio, di usurpare Dio e di tiranneggiare i fratelli. E’ il “peccato”, al singolare. Non si tratta, dunque, delle molte offese a Dio e ai fratelli, ai molti peccati che tutti commettiamo. Ma di qualcosa che sta a monte, di quella specie di mare melmoso, di cui tutti i singoli peccati sono la ripresa e la conferma.
Mi pare sia stato Bernanos a chiamare questo male vasto e invasivo con il nome di “corpo mistico del peccato”. Come esiste un “corpo mistico” che unisce i credenti al Cristo risorto, una Chiesa dei salvati, così esiste una misteriosa connivenza fra peccatori e peccati, un “corpo mistico del peccato”, appunto. Il quale ci sarà finché ci saranno gli uomini, cioè sempre.
Il mondo giusto e gli uomini giusti esistono, ma “mischiati” (come mi piace questa immagine agostiniana: il bene non è mai allo stato puro neppure nei singoli uomini, neppure nei più santi, neppure in san Francesco). Esistono uomini giusti come possibile anticipazione di un bene totale che è solo un sogno per noi e una realtà soltanto per il Padre che sta nei cieli. Noi credenti siamo qui solo per tenere viva la tensione, non per eliminarla. Perché eliminarla è impossibile.
Mi torna in mente anche la grandiosa epopea del grande inquisitore dostoevskiano. Il drammatico personaggio dei Fratelli Karamazov rimprovera a Gesù di non aver abolito la libertà dell’uomo, di averla anzi esaltata rifiutando di cambiare le pietre in pane. L’uomo rimandato alla sua libertà è un uomo infelice perché “costretto” a decidere.
La soluzione del grande inquisitore è l’abolizione della libertà, cioè la soppressione dell’uomo. Gli uomini che, come “un gregge” felice, seguono il Gesù taumaturgo sono l’immagine perfetta di uomini perfettamente buoni. Ma che non sono più uomini. Gli uomini, invece, quelli che vivono sulla terra degli uomini, continueranno a usare male la loro libertà. E molti di loro continueranno a essere profondamente malvagi. La mafia non morirà mai.