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Etica e responsabilità – la dottrina sociale della Chiesa

Nei precedenti articoli abbiamo visto come la tesi della massimizzazione del profitto economico da parte aziendale debba essere considerata superata. Certamente a tale nuova presa di coscienza hanno contribuito anche casi clamorosi

Due incidenti famosi

Tutti ricorderanno, ad esempio, l’incidente occorso nel 2010 alla piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, affiliata alla compagnia BP, che ha provocato un massiccio sversamento di petrolio nelle acque del Golfo del Messico e considerato il disastro ambientale più grave della storia americana.

2010: Golfo del Messico. 2018: il ponte Morandi di Genova

Dalle indagini successive al disastro, in cui persero la vita 11 persone, oltre a numerosi feriti, emerse che nella gestione della piattaforma vi era una fortissima pressione per ridurre i costi: fu così che per risparmiare, tra l’altro, vennero utilizzate valvole di sicurezza inadeguate o scarsamente mantenute, le quali non furono quindi in grado di arrestare le fuoriuscite di petrolio seguite all’incidente sul fondale marino. 

Lo stesso si potrebbe dire per il ponte Morandi di Genova crollato il 14 agosto 2018 con la morte di 43 persone: dalle perizie depositate nei procedimenti penali (tutt’ora in corso) è emersa una grave insufficienza nella manutenzione e nei controlli. 

Si noti che in entrambi i casi le aziende interessate non avevano problemi economici: la pressione per ridurre i costi era dovuta all’obiettivo di ottimizzare i profitti.

“Chiunque abbia potere è portato ad abusarne”

Insomma, la sostanza è: tanto più si spinge sull’obiettivo di massimizzare i profitti tanto maggiore sarà il rischio di cadere nella tentazione di eludere le norme. Così come nelle competizioni sportive: tanto più si spinge per ottenere la vittoria, magari anche perché legata a lucrosi contratti di sponsorizzazione, tanto maggiore sarà il rischio di cadere nella tentazione di bypassare le regole (es. doping). Come non pensare al monito di Montesquieu secondo cui “Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti (De l’esprit des lois 1748).

Anche nello sport conta solo vincere?

Ricordo con piacere il caso di Benedetta Pilato, arrivata quarta nei 100 rana alle Olimpiadi di Parigi, in lacrime per la gioia del risultato ottenuto ma stroncata da una ex sportiva che dallo studio Rai ha definito la felicità della nuotatrice “assurda e surreale”. Il motivo? non aveva conquistato alcuna medaglia, se non si sale sul podio, non c’è nulla da festeggiare. 

Domanda: ma davvero nello sport conta solo vincere? Si! In una cultura iper-individualistica e super competitiva dove il fine diventa totalizzante, e così nello sport come nelle aziende. Ecco allora che il guadagno, anzi l’utile, diventa l’obiettivo, con un valore in sé, assoluto (nel senso etimologico del termine ossia slegato da ogni altra considerazione), il guadagno per il guadagno!

Il “bene comune”

Oltre a casi clamorosi che hanno fortemente colpito l’opinione pubblica, ha senz’altro contribuito alla presa di consapevolezza che il profitto economico non può essere il solo fine dell’impresa la evidenza che l’agire economico, ove non coordinato con le altre finalità e tutela dei beni primari, rischia di produrre un danno complessivo, es. in materia ambientale, di sicurezza, di salute anche se in Paesi terzi, ben maggiore del guadagno di alcuni e quindi, tirate le somme, dannosi per l’intero sistema sociale. 

Il contributo delle encicliche di papa Giovanni XXIII

Seppure da un particolare punto di vista, a tale sviluppo e presa di coscienza, ha dato un importante contributo in termini di riflessione sui contenuti e finalità dell’attività economica, la dottrina sociale della Chiesa, almeno a partire dalla Mater et Magistra (1961) e dalla Pacem in Terris (1963) di Giovanni XXIII. 

L’approfondimento e l’attenta elaborazione di concetti come “il bene comune” inteso come finalità e corrispondente assunzione etica di responsabilità da parte di tutti i soggetti sociali: Stato, imprese, sindacato, corpi intermedi e singoli, nell’esercizio delle attività economiche si propone come punto di riferimento per il legislatore e per l’azione concreta di tutti gli attori in campo. Viene quindi sottolineato il valore morale dell’agire economico posto anch’esso a servizio dell’uomo e, in quanto tale, non slegato dalla necessità di conseguire il bene comune e soggetto all’etica e alla morale.

Stiamo forse assistendo alla rivincita dell’etica sulla prassi? Approfondiremo il tema nel prossimo intervento

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